Nelle scorse settimane il Governo, in particolare il premer e Marianna Madia, hanno inviato una lettera sul futuro che immaginano per la Pubblica amministrazione. Si prospetta, anche in questo caso, una vera e propria rivoluzione all’interno di un ambizioso progetto di riforma del Paese che comprende alcuni importanti passaggi, quali il superamento del bicameralismo perfetto, la semplificazione del Titolo V della Costituzione e una nuova declinazione dei rapporti tra Stato e Regioni di cui si parla, senza però operare scelte concrete, da molti anni se non, in alcuni casi, da decenni.



Rinnovare la Pubblica amministrazione, o, come direbbe Matteo, rottamarla, richiede dunque un investimento straordinario che si propone di essere diverso dal passato sia nel metodo che nel merito. Dal punto di vista metodologico, si sottolinea come non si possono fare le riforme insultando i lavoratori pubblici ricorrendo alla facile retorica contro la casta del pubblico impiego e al mito dei fannulloni. Dentro gli uffici pubblici vi sono, infatti, tantissime persone competenti e di qualità che fino a oggi non sono mai state coinvolte nei tanti tentativi di riforma avviati e mai conclusi in questi anni. Civil servants orgogliosi di servire la propria comunità e che si impegnano a fare del proprio meglio nel loro lavoro.



Renzi e Madia sottolineano che per fare tutto ciò siano necessarie innovazioni strutturali che mettano al centro le persone attraverso una seria programmazione strategica dei fabbisogni formativi; un rilevante ricambio generazionale, una maggiore mobilità della dirigenza, la misurazione reale dei risultati e la promozione dell’armonizzazione tra i tempi di vita e di lavoro attraverso misure quali la costruzione di asili nido nelle amministrazioni.

Nel merito il governo propone di continuare sulla linea della lotta agli sprechi e della riorganizzazione dell’Amministrazione, ma superando la non più sostenibile logica dei tagli orizzontali. Si potranno e si dovranno, altresì, cancellare tutti gli inutili doppioni e abolire quegli enti che sembrano servire solamente per garantire i membri dei cda e i loro amici più che servire i cittadini.



Tali proposte, destinate a concretizzarsi a partire dal prossimo giugno, hanno stimolato l’avvio di una discussione e hanno, portato, ad esempio, al lancio di un vero e proprio “Manifesto per lo Stato essenziale” con il quale un gruppo di esperti e professori universitari si propongono di dare un loro utile contributo a questa rivoluzione copernicana delle pubbliche amministrazioni avanzata dal governo Renzi. Un documento, il manifesto di cui sopra, che si propone di essere un rispettoso aggiornamento, dopo venti anni, delle “tesi di Mario Rossi”, con cui un gruppo di ambiziosi riformisti provava, nei primi anni Novanta, a declinare alcune semplici regole per una libertà responsabile e di uno Stato al servizio dei cittadini.

C’è da sperare, tuttavia, che non debbano passare altri venti anni perché si realizzi una non più prorogabile riforma dello macchina pubblica che la metta in grado di dare risposte più efficaci e moderne alle difficili sfide del presente che ogni giorno le persone comuni sono chiamate ad affrontare.

 

In collaborazione con www.amicimarcobiagi.com