Linked-In (“collegato, connesso, unito”) venne fondata nel dicembre del 2002, e lanciata il 5 maggio 2003, da Reid Hoffman, insieme ad alcuni colleghi provenienti da compagnie legate al business online quali PayPal e SocialNet (Allen Blue, Eric Ly, Jean-Luc Vaillant, Konstantin Guericke). L’idea di Hoffman era piuttosto semplice, vale a dire creare una rete (network), focalizzata sul mondo delle imprese, che permettesse la connessione, a livello globale, dei migliori professionisti, facilitando così la loro affermazione professionale. Una sorta di vetrina professionale in cui potersi lecitamente mettere in mostra. Non solo per l’ego personale, ma anche per uno spiccato senso degli affari.



Uno strumento siffatto, comunque, non poteva non nascere che negli Stati Uniti, laddove un certo pragmatismo di stretta marca efficientista si coniuga benissimo con una malcelata ambizione al conseguimento di uno status sociale distintivo. Le relazioni che contano (amicali, nonché di conoscenza) diventano inestimabili, impagabili, irrinunciabili, preziosissime, incalcolabili e come tali devono, perciò, essere messe a frutto anche a fini lavorativi. L’idea di fondo è che così come gli amici possono aiutare a trovare un lavoro, allo stesso modo, possono farlo anche gli amici degli amici degli amici.



A questo riguardo LinkedIn (Big LI) ha trovato un modo trasparente per aiutare i professionisti a collegarsi tra di loro e costruire relazioni perlopiù deboli ma utilissime allo scopo, potendo richiedere, esplicitamente, di essere presentati alla persona con cui ci si vuole connettere, riuscendo ad avere, dunque, vere e proprie raccomandazioni dalla propria rete, da intendersi alla maniera anglosassone, of course.

LinkedIn si trova attualmente in un mercato connotato da diversi competitori diretti e indiretti; si va dalle reti professionali esistenti (Viadeo, Xing), ad alcune reti pensate per il mondo dell’impresa (Yammer, Salesforce.com) e ai social network (SN) in generale (in questo caso il riferimento obbligato è a Facebook). Facebook rimane, tuttavia, in prospettiva, il vero e principale concorrente di LinkedIn, non foss’altro per la capacità di avere in buona parte creato, o quanto meno volgarizzato presso le masse, le modalità precipue su come interagire nei social network, a forza di likes e commenti vari, ergo di aver favorito la nascita di quello che è oggigiorno un vero e proprio ecosistema.



Se tutto ciò non dovesse bastare si può mettere, allora, in evidenza che l’applicazione per Facebook, BranchOut fondata nel 2010, attiva in 60 paesi, disponibile per più di 30 milioni di utenti in 15 lingue, la quale afferma di essere “la più grande rete professionale con oltre 800 milioni di profili”, seppur abbia mutato nel corso degli anni i propri obiettivi, trasformandosi in una chat lavorativa, potrebbe pur sempre rappresentare una potenziale minaccia di cui tener conto.

Ciò premesso, vi sono, però, delle notevoli differenze tra i social network e una rete professionale quale LinkedIn. In linea generale, quest’ultima si discosta da Facebook, e dagli altri SN, per alcune caratteristiche distintive. Come si comprende assai bene, il profilo è il cardine di ogni SN, il fiatiniziale da cui prende vita qualsiasi attività social. Ebbene, il profilo di LinkedIn non è esattamente lo stesso degli altri SN. È estremamente reale, poiché su LinkedIn si è realissimi, vi si sta col proprio nome reale, con la foto professionale, meglio se in bianco e nero. Comparato agli altri SN forse è un luogo fin troppo reale, dove questa tensione continua verso la realtà finisce spesso per sconfinare nell’iperrealismo; in questo senso, non possono, dunque, che proliferare, in maniera virale, qualificazioni e aggettivi magniloquenti nell’autodefinirsi a livello professionale, quali “Responsabile”, “Strategico”, “Creativo”, “Efficace”, “Esperto”.

Si accettano, dunque, di buon grado i termini e le condizioni di LinkedIn che vogliono che si sia sinceri nelle autocertificazioni, che si abbia un unico account e nessun fake. Big LI vuole essere un posto trasparente, un locus dove in cambio di un piccolo spazio virtuale, si “carica” una foto, ci si presenta in comunità e si racconta il sé lavorativo, quello presentabile. Questo significa che nessun “amico” può “taggare” le foto di quella festa tra amici dove si è pur sempre alzato il gomito, oppure quelle foto dove vengono esibiti comportamenti poco ortodossi o simpatiche scenette familiari. Questo per sottolineare che, in generale, sui social network possono venire continuamente “postati” stati d’animo e perfino pulsioni viscerali, vi possono essere casi, addirittura, dove amici, o presunti tali, arrivano a scrivere delle vere e proprie brutture, indelebili, sul proprio muretto (wall). La parete di Big LI, invece, più è ordinata, messa a lucido, ricca di lustrini, e meglio è.

Ai fini della ricerca di un lavoro Big LI può essere, dunque, considerato più importante di Facebook: del resto è questa la sua caratteristica distintiva e come tale viene considerato da selezionatori, addetti alle risorse umane, dall’opinione pubblica in generale, come visto anche nei precedenti articoli. LinkedIn viene associato, pertanto, al mondo del lavoro, vi viene ammesso senza problemi e se ne favorisce la diffusione, mentre, all’opposto, Facebook viene sistematicamente “bannato”, poiché considerato uno strumento non propriamente utile ai fini lavorativi o per aumentare le statistiche della produttività aziendale.

In conclusione, è da sottolineare che Big LI, nel corso del tempo, è stato sicuramente influenzato dall’ecosistema dei SN cercando di far sue alcune caratteristiche di questi e di Facebook in particolare, quali la possibilità di cliccare su “Consiglia” (il quale sostituisce “Like”), “Commenta” e “Condividi”, ma ciò è del resto vero per tutti i social network, perché questi pulsanti, oggi come oggi, sono diffusissimi in ogni dove. Anche l’inserire la foto del profilo va in direzione di una maggiore personalizzazione (agli inizi di LinkedIn ciò non era permesso) così come il caricare (upload) i contenuti prodotti dai membri. Tutto ciò, ca va sans dire, è per aumentare il livello di coinvolgimento e la creazione di un flusso continuo (stream) di contenuti, come si vedrà meglio in un prossimo articolo.

 

(7- continua)