Se in Italia l’apprendistato, con gli ultimi provvedimenti, rischia di essere svuotato dei suoi contenuti formativi, nel Regno Unito è diventato il perno di una riforma del mercato del lavoro sempre più orientata alla formazione. Se in Italia ci si fa bastare uno spot di Fiorello, nel Regno Unito si è innescato un processo culturale e mediatico che ha fatto dell’apprendistato un tema centrale dell’agenda-Paese, uno strumento ritenuto fondamentale per far acquisire, soprattutto ai giovani, le competenze necessarie per affrontare la sfida del rapido cambiamento economico.
Al di là della Manica si organizzano quotidianamente workshop locali dedicati ai giovani studenti, incontri con imprenditori, lavoratori, formatori, e una vera e propria “Uk Apprenticeship Week” che in una settimana coinvolge l’intera nazione in un dibattito aperto e ricco di spunti. Ma è un risultato che viene da lontano: da un decennio, infatti, i governi britannici, Conservatori o Laburisti, hanno avviato diversi processi di riforma per modernizzare questa tipologia di contratto e renderla un efficace volano di crescita industriale.
La storia dell’apprendistato nel Regno Unito è radicata nell’età delle gilde medievali e si sviluppa costantemente fino alla rivoluzione industriale. Grazie allo Statute of Artificers (1561), l’ Health and Morals of Apprentices Act (1802), i Factory and Workshop Acts (1878, 1895) l’apprendistato, seppur in forme “arcaiche”, si è lentamente sedimentato nel tessuto produttivo del Paese. Alla sua forma “moderna” – dopo il “Modern Apprenticeship Act” del 1994 – l’apprendistato giunge grazie a scelte bi-partisan che ne hanno fatto una vera e propria priorità. Nel Regno Unito l’apprendistato è un rapporto di lavoro retribuito in cui lavoro e formazione sono integrati grazie alla partecipazione di un provider (ente di formazione). Esso è regolato dall’Employment Rights Act (1996) e l’Alliance Skills Councils è l’ente che certifica l’effettiva formazione dell’apprendista.
Con l’Apprenticeships, Skills Children and Learning Act (2009) si è stabilito che gli apprendisti hanno diritto a ricevere il salario minimo nazionale che ammonta a 2,68 sterline all’ora. Gli apprendisti over-19 riceveranno il salario minimo nazionale applicabile alla loro età dopo aver completato un anno del loro apprendistato. Il governo e il datore di lavoro condividono il costo della formazione che varia con l’età dell’apprendista.
Il governo contribuisce al 100% dei costi di formazione se l’apprendista è di età compresa tra 16-18 anni, il 50% dei costi di formazione se l’apprendista è di età compresa tra 19-24 anni e fino al 50% dei costi di formazione se l’apprendista è di età superiore a 25. Il Business, Innovation and Skills (Bis) ha reso noto che nel Regno Unito si è consolidato un generale incremento nel numero di apprendisti che si è consolidato negli anni. Tra il 2011/12 e il 2009/10 c’è stato un incremento del 14% dei nuovi apprendisti, una crescita che arriva addirittura al 210% se si fa riferimento ai nuovi apprendisti nel 2002/03.
Il Bis ha tuttavia rilevato come l’apprendistato sia sempre meno diffuso tra i giovani (solo il 25% del totale di apprendisti nel 2012/13) e strutturato soprattutto su percorsi “Intermediate” che permettono l’acquisizione di competenze base. Ma il dato più preoccupante è che solo il 10% dei datori di lavoro ha contribuito con proprie risorse umane alla formazione degli apprendisti. E, sulla stessa scia, solo l’11% dei datori di lavoro ha apportato un contributo finanziario diretto all’apprendistato finanziando i provider della formazione. Pertanto, nonostante gli sforzi fatti e la sua lunga storia, il sistema di apprendistato nel Regno Unito sembra non adeguato per raggiungere gli ambiziosi obiettivi dal governo: secondo il Centre for Economic Performance britannico, a causare questa poca diffusione dell’apprendistato è stato l’eccessivo appesantimento dei passaggi burocratici e le troppe sovrapposizioni che stanno alla base dei finanziamenti pubblici.
Per rispondere a queste anomalie, nel giugno 2012, il Department of Business, Innovation and Skills e il Department for Education hanno incaricato Doug Richard (un imprenditore specializzato nel trasferimento tecnologico) di tracciare le linee guida per una riforma dell’apprendistato e, più in particolare, per un nuovo modello di finanziamento pubblico. Ne è nata nel marzo 2013 la cosiddetta “Richard Review”, che fa perno essenzialmente su due aspetti: maggiore autonomia e maggiore responsabilità sia per il datore di lavoro che per l’apprendista.
Al centro dei principi proposti da Doug Richard si mette in rilievo la necessità che la gestione dell’apprendistato sia posta più saldamente nelle mani dei datori di lavoro e che tutti gli apprendistati debbano rigorosamente rispondere ai fabbisogni produttivi delle imprese. L’obiettivo di Richard è infatti costruire un modello che crei valore ed effettiva crescita per le imprese e per i giovani. E non a caso è un modello che nasce dalla vision di un imprenditore. I quattro principi fondamentali della Richard Review sono:
1) Il datore di lavoro è il “customer” (cliente) dell’apprendistato: si tratta di un concetto che pone l’accento sulla capacità e necessità degli imprenditori di comunicare e manifestare le proprie esigenze produttive, diventando i “controllori” dei finanziamenti pubblici per l’apprendistato;
2) Il datore di lavoro è il “co-invester” dell’apprendistato: egli deve permettere all’apprendista di raggiungere elevati standard di competenze e quindi occuparsi della sua gestione e della sua retribuzione. Il contributo finanziario pubblico sarà diretto al datore di lavoro per incentivarlo a fornire all’apprendista una formazione di alta qualità;
3) Non c’è uno specifico “costo di formazione” fissato dal governo: il costo della formazione è dunque liberato dal “controllo” del governo. Esso non è stabilito “dall’alto” per via pubblica, ma è determinato dal lavoratore e dal datore tramite una negoziazione. Questa scelta è dichiaratamente orientata verso una priorità: la miglior formazione possibile per l’apprendista. Il governo, a sua volta, dovrà trovare una proporzione sul costo formativo, stabilendo un massimo per ciascun apprendista, che dipende dai singoli settori produttivi;
4) Finanziamento pubblico “on result”: il contributo del governo è legato al raggiungimento della formazione prevista dall’apprendistato, che sarà valutata da un apposito organismo autorizzato.
Dopo una consultazione generale chiusa a ottobre, nel dicembre 2013 il Cancelliere inglese George Osborne ha annunciato, presentando l’Autumn Statement, che il nuovo modello di finanziamento dell’apprendistato userà il sistema dell’Her Majesty’s Revenue and Customs (Hmrc) per permettere di finanziare direttamente i datori di lavoro. Ne è seguita un’ulteriore consultazione generale che si è chiusa lo scorso 1° maggio e i cui dati sono già al vaglio degli analisti del governo per arrivare più rapidamente alla soluzione legislativa ottimale.
Dare ai datori di lavoro il controllo diretto sul finanziamento della formazione esterna e la valutazione dei loro apprendisti è ritenuta la strada giusta per migliorare qualitativamente e quantitativamente l’apprendistato nel Regno Unito. Basandosi sui risultati della consultazione del 2013 e sulla scorta dei principi di finanziamento dell’Autumn Statement il governo si sta orientando sul modello Paye (sgravi fiscali sulle tasse a carico del datore) o su un modello di “credito per l’apprendistato” per le imprese.
L’obiettivo dichiarato del governo è dare corso al nuovo finanziamento pubblico dell’apprendistato nell’anno scolastico 2014/2015. Nel frattempo è già evidente come il processo di riforma in corso nel Regno Unito rappresenti un esempio di come stia diventando sempre più rilevante il ruolo della formazione all’interno del mercato del lavoro. Tale processo si caratterizza per il riconoscimento di una sorta di “diritto della produzione” che si concretizza nell’attenzione sempre maggiore alle imprese e al loro contributo nello sviluppo complessivo del capitale umano di un Paese.