Cosa sta succedendo a Torino? Quanto sta avvenendo circa il rinnovo o, meglio, il non-rinnovo del contratto di gruppo (i dipendenti Fiat e Cnh in Italia sono oltre 80.000) ha davvero del clamoroso. Per più di una ragione:

1) ciò che divide le parti dall’azienda è una richiesta che pare legittima, niente di particolarmente esoso: Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Quadri vogliono adeguare la parte economica al Ccnl.



2) si registra un irrigidimento in un rapporto che fino a ieri pareva idilliaco, tra l’azienda e le parti che nel 2010 hanno firmato un accordo aziendale separato, e che hanno creduto (non senza pochi rischi) a quanto di buono l’azienda ha fatto e ha detto che farà.

3) il rinnovo del contratto – come spiegavamo nell’ultimo articolo – avrebbe dovuto chiudersi tre mesi fa: la parte economica era rimasta per ultima, tutta la parte normativa è stata rivista e, su quella, c’è un sostanziale accordo. Nessuno avrebbe previsto qualche mese fa questa situazione di forte tensione, se non di rottura.



4) a Grugliasco, la Fiat ha comunicato che le vacanze saranno di due settimane, ma Fim, Uilm e Ugl ne vogliono almeno tre e proclamano quattro ore a braccia incrociate per venerdì. È la prima protesta da quando la fabbrica è ripartita. La Fismic è contraria, sia perché lo sciopero avviene in un momento in cui c’è da parte del mercato un numero elevato di ordini, sia perché nei giorni scorsi l’azienda proprio per far fronte ai carichi di lavoro ha deciso il trasferimento di 350 addetti da Mirafiori a Grugliasco. La Fiat si dice molto contrariata, la Fiom è pronta alla lotta.

Per quanto riguarda il contratto, venerdì si riuniranno le singole segreterie, mentre per lunedì prossimo è stata fissata la riunione congiunta di tutte le rappresentanze sindacali al termine della quale potrebbe essere deciso il blocco delle flessibilità a partire dalla prossima settimana.



Come si diceva prima, lo stop del rinnovo suona molto strano, perché i sindacati chiedono semplicemente di equiparare il fattore economico a quello del contratto nazionale. La rigidità di Fiat-Chrysler su questo punto non può spiegarsi solamente con i problemi del mercato. Consideriamo che Fiat-Chrysler si sta riorganizzando a livello globale, ed è chiaro che la produzione italiana manifesta una sua anomalia: molti siti produttivi – rispetto al resto del mondo – e molta manodopera sottoimpiegata per un mercato, quello italiano ed europeo, ancora molto contratto. Consideriamo anche che questo è il primo contratto italiano del neonato gruppo Fiat-Chrysler. Stiamo a vedere cosa succederà, ma la sensazione che Fiat-Chrysler stia iniziando a far capire ai sindacati e all’Italia che la situazione in questo modo non può continuare non è solo una sensazione.

L’apparato produttivo italiano costa molto a Fiat-Chrysler e non c’è dubbio che questa ne debba ridurre i costi: le perdite di Fiat non possono continuare a essere ripianate dagli utili di Chrysler. Sarà compiuta qualche scelta dolorosa? Gli darà una mano lo Stato? Al momento non è dato saperlo, certo è che le parti che fino a ieri hanno dato fiducia a Fiat oggi sentono questa fiducia tradita.

 

In collaborazione con www.think-in.it