Cosa sta succedendo a Torino? ci chiedevamo ieri… Quanto sta avvenendo circa il rinnovo o, meglio, il non-rinnovo del contratto di gruppo (i dipendenti Fiat e Cnh in Italia sono oltre 80.000) per molti ha davvero del clamoroso, soprattutto perché la fumata bianca si attendeva prima della presentazione del piano industriale. Ferdinando Uliano, segretario nazionale Fim-Cisl, uno dei protagonisti di questa lunga e complessa trattativa sindacale, non manca in questa intervista per ilsussidiario.net di sottolineare gli errori e le responsabilità della Fiat: «Noi riteniamo che questo sia un grave errore – soprattutto quando si sceglie la strada partecipativa – e che l’azienda debba rivedere la sua posizione».
Segretario Uliano, vi aspettavate questa brusca frenata all’interno di una lunga trattativa che dura da diverso tempo?
Che ci fossero delle difficoltà lo abbiamo riscontrato dall’inizio della trattativa, vuoi per i problemi del mercato europeo, vuoi per la situazione italiana, per gli impegni finanziari che il gruppo si è preso comunque grazie anche agli accordi siglati con il sindacato che hanno permesso di partire con il piano di investimenti dei prossimi 5 anni (Alfa Romeo e Maserati in particolare) che porterà gli stabilimenti alla piena occupazione. Quindi, tra la congiuntura, l’impegno finanziario e le perdite (oltre 2 miliardi di euro negli ultimi 3 anni), l’azienda aveva dall’inizio affermato che il contratto per il 2014 non doveva avere aumenti salariali, come del resto avvenuto in Europa per le altre case generaliste. Ci sono stati altri tipi di migliorie, ma non quella economica.
La distanza tra i sindacati e l’azienda è sembrata acuirsi molto negli ultimi giorni…
Il tema era da tempo in esame, ma quando si è entrati nel merito da un punto di vista quantitativo, le distanze erano forti. L’azienda ha fatto qualche passo in avanti, soprattutto valutando la possibilità di adeguamento al World Class Manufacturing e l’una tantum anche ai cassintegrati. Ma negli ultimi 5 giorni le difficoltà sono esplose. Abbiamo chiesto all’azienda di fare un ulteriore passo, ma questa ci ha comunicato martedì scorso (il 10 giugno, ndr) che non era possibile fare alcun passo.
E a qual punto come avete reagito?
Non potendo fare nessun passo in avanti dal punto di vista salariale, abbiamo interrotto e sancito la rottura del negoziato, e messo in cantiere una serie di iniziative che da lunedì le segreterie nazionali decideranno. Orientativamente stiamo parlando del blocco degli straordinari e delle flessibilità, non si può fare scioperare un cassintegrato che mediamente lavora 5 giorni al mese, perché tra le altre cose non sarebbe nemmeno incisivo. Quindi, abbiamo deciso di mettere in campo iniziative idonee laddove c’è lavoro.
Eppure le richieste del sindacato non sono sembrate esose, si chiedeva di equiparare la parte salariale a quella del contratto nazionale della metalmeccanica…
L’anno scorso, dal punto di vista salariale, il contratto Fiat era addirittura superiore al Ccnl. Quando si rinnovano i contratti per il recupero inflattivo si considera l’inflazione prevista dall’indicatore dell’Ipca. Fiat non rientra in questo meccanismo, però al di là del dato tecnico, da quando noi abbiamo presentato la piattaforma a quando Federmeccanica ha rinnovato, il dato si è alzato di due punti percentuali che si traducevano in un valore che era prossimo ai 40 euro al mese per il 2014, in una situazione in cui il tasso di inflazione si è avvicinato intorno allo 0,8%.
E quindi?
Questa cosa ha complicato di molto il negoziato. Ma noi non comprendiamo: nel momento in cui abbiamo fatto passi per affrontare i problemi del gruppo anche i lavoratori devono avere una risposta economica. Pensiamo quindi che se l’azienda non fa questo passo commette un grosso errore, perché dopo aver capitalizzato gli investimenti, grazie anche agli accordi sindacali sottoscritti, bisogna far sì che negli stabilimenti ci sia il giusto clima per lavorare. Tutto questo rischia di peggiorare il clima negli stabilimenti, oltre che le relazioni sindacali.
Vi aspettavate questa posizione così rigida dell’azienda dopo tanti anni di proficua attività partecipativa?
Noi in questi anni abbiamo fatto il lavoro che il sindacato deve fare. E come tutti i sindacati, quando ci sono difficoltà si propongono accordi per tutelare l’occupazione; altre volte si fanno accordi, anche per incrementare i salari, come è stato per lo scorso anno. C’è chi, come la Fiom, non agisce in questo modo. È chiaro che gli accordi non risolvono il confronto tra gli interessi delle parti. Nella fattispecie, Fiat può decidere di non rinnovare il contratto. Noi riteniamo che sia un grave errore – soprattutto quando si sceglie la strada partecipativa – e che l’azienda debba rivedere la sua posizione. Va detto però che siamo all’interno di una normale relazione tra parti sindacali e parti aziendali, ci può stare… basti pensare che lo Stato Italiano non rinnova da 6 anni i contratti per i suoi dipendenti, e lo Stato dovrebbe fare da esempio.
Come può evolvere secondo lei questa situazione?
Auspico che questa fase di rottura, che passa attraverso questa presa di posizione nostra, possa permettere al gruppo di maturare una riflessione importante, in modo che si possano recuperare gli ultimi spazi necessari per chiudere l’accordo e percorrere così “l’ultimo miglio”.
(Giuseppe Sabella)
In collaborazione con www.think-in.it