Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. E a Torino, per così dire, il gioco si sta facendo duro. Dopo lo sciopero di Grugliasco, ecco la lettera di Sergio Marchionne ai dipendenti e la replica di Susanna Camusso: “Credo che la posizione che ha assunto la Fiat in queste ore sia pericolosa”. Pronta la risposta di Marchionne da New York. A chi gli ha chiesto cosa pensa delle critiche del Segretario della Cgil, l’ad ha risposto “Come dice Renzi, ce ne faremo una ragione”, non nascondendo – come del resto ha già fatto in altre occasioni – la sua stima per il giovane premier e l’auspicio che possa continuare con la sua azione riformatrice.



Ieri è stata la volta di Raffaele Bonanni, Segretario Generale della Cisl, che – intervenendo sulla questione – ha piuttosto minimizzato: “Io capisco anche Marchionne, capisco i problemi che pone avendo difficoltà nelle vendite in Europa e avendo solo guadagni in America, però anche lui deve capire noi: gli impegni si rispettano, lui ha promesso di assumere delle persone. Sul resto ci mettiamo d’accordo: per quanto riguarda il contratto le differenze sono minime”.



Che in meno di 24 ore se le mandino a dire Camusso, Marchionne e Bonanni rende l’idea di quanto la vicenda sia calda. A dire il vero anche Maurizio Landini ha detto la sua nel mezzo, invitando le altre sigle a riflettere “sul rischio cancellazione del confronto sindacale”. Tutti sembrano dire cose sensate e i toni al momento sono pacati. Ma cosa esprime questo confronto a distanza?

Le parole di Bonanni sono abbastanza eloquenti, Marchionne mantenga gli impegni presi. Dal 2010 a oggi, certamente la collaborazione dei “sindacati del sì” (Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic, Ugl e Quadri) ha poggiato sull’idea che – in seguito agli investimenti promessi col piano “Fabbrica Italia” – la produzione crescesse e che, quantomeno, gli stabilimenti in Italia riassorbissero la manodopera sotto-impiegata e cassaintegrata. È vero, il mercato (europeo in particolare) è crollato ai livelli degli anni ‘70, i più bassi di sempre. Non a caso Bonanni dice “capisco Marchionne”, ma è anche vero che, a oggi, questa frenata sul contratto e la reazione del manager italo-canadese a uno sciopero – che è poca cosa – sono segnali che qualche preoccupazione l’hanno destata.



I “sindacati del sì” non si possono permettere di uscire scontenti da questa trattativa, dopo anni di collaborazione con l’azienda questo è naturalmente il momento di raccogliere qualche frutto. E le richieste non sono esose: i sindacati chiedono comprensibilmente che la parte economica non sia inferiore a quanto previsto oggi dal Ccnl della metalmeccanica.

Forse, dopo il primo accenno di sciopero, la reazione di Marchionne è stata dura per prevenirne altri. Auguriamoci che sia così, e uniamoci all’auspicio di Bonanni, secondo il quale “il contratto si farà”. Ma al di là di questo rinnovo, Bonanni non manca di ricordare che negli ultimi anni Fiat è stata l’unica azienda a investire in modo importante in Italia. Oggi, Fiat-Chrysler, continuerà a farlo?

 

In collaborazione con www.think-in.it