La disoccupazione in Italia ha raggiunto il suo massimo dal 1977, da quando cioè esistono le serie trimestrali Istat. Nel primo trimestre del 2014 ha raggiunto il 13,6%, con una crescita dello 0,8% rispetto a gennaio-marzo 2013 e con l’undicesimo peggioramento consecutivo. In pratica dal 2004 a oggi i livelli occupazionali in Italia sono sempre peggiorati, e a esserne colpiti sono entrambi i generi, con una disoccupazione pari al 12,9% tra gli uomini e al 14,5% tra le donne. Mentre i senza lavoro tra i 15 e i 24 anni sono addirittura al 46%. Ne abbiamo parlato con il professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze.
Professor Forte, la disoccupazione nel primo trimestre 2014 ha raggiunto il 13,6%…
È terribile. Questo tipo di problema dovrebbe essere al centro dell’attenzione, invece finora ci si è focalizzati solo su chi ha già un posto di lavoro. Il bonus da 80 euro crea solo un ulteriore divario tra chi è occupato e chi non lo è. Va affrontata la vera causa del problema. Più che da vere e proprie crisi, la disoccupazione in Italia ha a che fare con vincoli introdotti dalla legge Fornero.
Il decreto Poletti su contratti a termine e tempo indeterminato a tutele crescenti può dare una risposta all’emergenza?
Il decreto Poletti non risolve i veri problemi che hanno causato il maggior numero di disoccupati, ma si limita a facilitare l’utilizzo del contratto a tempo determinato che altrimenti rischiava di rimanere inutilizzato o presente solo nell’economia sommersa. Anche dopo la riforma che porta il nome del ministro del Lavoro rimangono però notevoli vincoli normativi: basti pensare che un apprendista su cinque deve essere assunto e che i lavoratori a termine non possono superare il 20% dell’organico a tempo indeterminato. Il decreto Poletti salva dei posti di lavoro che dopo l’introduzione della legge Fornero rischiavano di andare persi, ma bisogna fare molto di più.
Che cosa occorre per invertire il trend crescente della disoccupazione?
Bisogna reintrodurre i contratti flessibili che erano previsti dalla legge Biagi e che sono stati poi demonizzati, a partire dai contratti coordinati e continuativi che garantivano occupazione a un milione di persone. Tanto è vero che subito dopo l’approvazione della legge Biagi, la disoccupazione era scesa al 6,5% contro l’attuale 13,6%. L’eccesso di norme al contrario provoca un’intera economia sommersa. Penso, per esempio, all’obbligo di pagare i contributi anche per i pensionati che lavorano, che andrebbe abolito perché è un controsenso. Vanno insomma tolte tutte le barriere inutili per fare riemergere l’economia sommersa e restituire ai lavoratori atipici la loro dignità e stabilità.
Davvero si può parlare di dignità per i “precari”?
Molti di questi contratti possono essere magari soltanto da 500 euro netti al mese, ma se in una famiglia ci sono due figli, i quali anziché essere disoccupati portano a casa 500 euro al mese, ciascuno può già fare la differenza.
Che cosa si può fare per aiutare le imprese consentendo loro di tornare ad assumere?
Il nostro governo dovrebbe dimostrare maggiore impegno per promuovere il commercio estero, togliendo l’Irap sulla piccola impresa e lasciandola solo sulle aziende di maggiori dimensioni.
C’è un settore nel quale più che in altri c’è bisogno di norme più adeguate?
L’edilizia è stata colpita in modo particolarmente grave dal fatto che si continuino a tassare gli immobili e che le opere pubbliche siano state quasi dimenticate dalle politiche di investimento, per non parlare di tutti i vincoli normativi. La conseguenza è una disoccupazione differenziale edilizia che risulta enorme. I dati disaggregati per settore mostrano una moria rilevante di posti di lavoro nel settore dell’edilizia, e tra l’altro la cassa integrazione man mano si esaurisce trasformandosi in disoccupazione a tutti gli effetti. Il governo dovrebbe, per esempio, facilitare in tutti i modi il piano di Vodafone per la banda larga, che comporterebbe due miliardi e mezzo di investimenti e che creerebbe buona parte dei posti di lavoro proprio nell’edilizia per l’interramento dei tubi destinati a ospitare la fibra ottica.
(Pietro Vernizzi)