Giovedì scorso, Fiat-Chrysler e i sindacati italiani che stanno discutendo il rinnovo del contratto di gruppo (Fiat e Cnh, oltre 80.000 dipendenti) sono giunti a un passo dalla rottura. La notizia esplode solo ora, ma si consideri che le parti contavano di chiudere il discorso addirittura prima della presentazione del piano industriale (6 maggio scorso): lo stallo dura da più di tre mesi! Si tratta quindi di un problema serio, anche perché la parola “rottura” pronunciata dal segretario della Fismic, Roberto Di Maulo – il sindacato storicamente più vicino alle posizioni dell’azienda – suona alquanto anomala.



Ciò che divide l’azienda da una parte e Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic, Ugl e Quadri dall’altra sono naturalmente fattori economici, dato che – come noto – tutto ciò che concerne gli aspetti normativi del contratto (orario di lavoro, allargamento della fascia di flessibilità degli orari d’ingresso, indennità sui recuperi produttivi, gestione dei permessi dei lavoratori, ecc.) vede da tempo le parti sostanzialmente d’accordo, anche se c’è qualche osservazione dei sindacati che l’azienda sta esaminando.



Le parti si sono date appuntamento a domani, ma non ci sarà un ulteriore negoziato. La distanza è ancora consistente: la Fiat ha offerto 200 euro lordi una tantum, e la proposta è stata giudicata “insufficiente” dai sindacati firmatari del contratto Fiat, che hanno invece presentato una richiesta di 390 euro da corrispondere anche ai cassintegrati, ma la delegazione Fiat l’ha a sua volta definita “irricevibile”.

La richiesta dei sindacati della una tantum di 390 euro significherebbe una media di 28 euro lordi mensili a lavoratore che si aggiungerebbero ai 40 di una tantum ottenuti per il 2013. In tutto l’aumento medio sarebbe dunque di 68 euro lordi mensili: nel 2015 servirebbe quindi un ulteriore aumento di 65 euro al mese per raggiungere la quota di 130 euro lordi mensili concessa da Federmeccanica ai dipendenti delle aziende che, a differenza del gruppo Fiat, sono rimaste in Confindustria. La trattativa è quindi di nuovo in una fase di stallo.



I sindacati vogliono più soldi in busta paga per i lavoratori, Fiat non accoglie queste richieste di adeguamento salariale giustificandosi con l’andamento ancora difficile del mercato dell’auto. Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic, Ugl e Quadri replicano che senza aumento non firmano alcunché. L’aumento salariale per le parti è indispensabile, senza un accordo su questo punto minacciano agitazioni nelle fabbriche. Per i sindacati firmatari di un contratto aziendale come questo (che per di più è accordo separato), è inaccettabile che il parametro economico sia inferiore a quello del Ccnl. Ma i manager di Fiat temono di alzare troppo i costi della produzione italiana, che – per il momento – vive sulle spalle di Chrysler.

Si percepisce tra le parti una forte tensione: la situazione è alquanto misteriosa, dato che tutti erano sicuri di chiudere i discorsi molto prima. Forse qualche vero nodo comincia arrivare al pettine. Per come Fiat-Chrysler si sta riorganizzando a livello globale, è chiaro che la produzione italiana manifesta una sua anomalia: molti siti produttivi e molta manodopera sottoimpiegata per un mercato, quello italiano ed europeo, ancora molto contratti. Non è che Fiat sta iniziando a far capire ai sindacati e all’Italia che la situazione in questo modo non può continuare?

Arrivano buone notizie, intanto, per quanto riguarda le vendite e, di conseguenza, la produzione della Maserati, per via soprattutto dalle buone performance della Ghibli, ma anche dal buon apporto della Quattroporte. Come ha fatto notare il segretario provinciale della Fim-Cisl Claudio Chiarle, “già ad aprile le ordinazioni viaggiavano verso le 34 mila unità l’anno e ora che ci avviciniamo a metà 2014 quei calcoli vengono confermati”.

Certamente i marchi Ferrari, Maserati e Alfa Romeo – che permettono di competere nel mercato premium – esprimono un tale know-how che difficilmente la produzione lascerà mai il suolo italiano: questa qualità è tipica della nostra manifattura. Ma, per tutta l’altra gamma, in un Paese in cui “fare industria è impossibile” – parole di Marchionne – qualche dubbio rimane…

 

In collaborazione con www.think-in.it