“Esiste il tema in generale di come possiamo flessibilizzare l’uscita dal lavoro ma ha una sua corposa problematicità economica. Prima, quindi, vengono le emergenze sociali, gli esodati e quelli che perdono il lavoro, e poi il resto”. Sono le parole del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, nel momento in cui il Parlamento ha esteso la platea degli esodati garantiti a quota 170mila, anche se ancora non si sa il numero complessivo di quelli ancora da garantire. Per Poletti, il governo “sa che ha dei problemi acuti sugli esodati e su quanti non hanno una copertura previdenziale; sa che ha problemi sociali rilevanti per quelle persone che perdono il lavoro e che, nonostante gli ammortizzatori sociali, non arrivano alla maturazione del diritto pensionistico”. Anche se per Giuliano Cazzola, ex vicepresidente della commissione Lavoro della Camera dei Deputati, rimettere in discussione i capisaldi della legge Fornero è soltanto un passo indietro.



Il ministro del Lavoro Poletti ha dichiarato che “bisogna creare meccanismi che consentano un’uscita anticipata a costo zero per lo Stato. In questo senso stiamo pensando a forme flessibili di prepensionamenti”. Come valuta questa affermazione e in che modo dovrebbero funzionare?

Giudico ambigua, non chiara e potenzialmente pericolosa questa posizione. Se ben capisco, infatti, si andrebbe oltre il caso dei c.d. esodati (che pure è discutibile) ma si tornerebbe ad una forma di trattamento anticipato, di cui tutti potrebbero avvalersi, come era la pensione di anzianità, superata grazie alla riforma Fornero. Da un ministro del Lavoro di un governo che vuole cambiare il consueto andazzo delle cose in Italia mi aspetterei degli altri ragionamenti, come, per esempio, l’indicazione di una strumentazione adeguata per ricollocare in un altro impiego quanti perdono il lavoro in età anziana. Poi, detto fra noi, a fronte degli scenari demografici che ci attendono, a quale età si possono fissare i criteri per misurare, nei decenni che verranno, l’anzianità e la vecchiaia ?



Per il ministro Poletti, “il dato positivo emergente è la rassicurazione che i dati strutturali della previdenza da un lato, dell’Inps dall’altro, vanno nella direzione di un positivo consolidamento”. E’ d’accordo con lui?

No. Se si rimettono in discussione i capisaldi della legge Fornero il sistema torna in zona rischio. Anche perché l’equilibrio dei conti pensionistici non è mai assicurato una volta per tutte. Se il Paese continua a non crescere si incrementa anche il peso della spesa pensionistica sul Pil, praticamente vanificando vent’anni di riforme rivolte a rendere sostenibile il sistema.

Sempre per il ministro, “ se non fosse stato per la crisi finanziaria del 2011 la riforma Fornero sarebbe potuta essere molto più graduale e meno severa. Oggi serve puntare tutto su una buona occupazione, perché solo così si potrà avere una buona previdenza, e sulla crescita del Paese con riforme vere”. Lei che cosa ne pensa?

Questo mi sembra un ragionamento sensato: si lavori sull’occupazione, ma si lasci stare l’impianto della legge Monti-Fornero. In Italia 22milioni di persone che lavorano devono finanziare un sistema di welfare che ne tutela 60 milioni. Lo squilibrio è evidente.

 

Come valuta le nuove misure sugli esodati che hanno allargato la platea dei salvaguardati da 65mila a 170mila?

Il solito modo di risolvere i problemi all’italiana: la pensione rimane una sorta di ‘’vendicatore mascherato’’ chiamato a raddrizzare i torti subiti durante le vita lavorativa. Con la sesta salvaguardia (che consiste nel prorogare di un anno (al 6 gennaio 2016) la copertura delle salvaguardie, si è aperta la strada per ripercorrere il medesimo cammino l’anno prossimo. Ormai si cerca di far entrare visibilmente nel cono d’ombra delle salvaguardie non solo gli esodati, ma anche gli esodandi. Poi giudico scandalosa la tutela prevista per i ‘’terministi’’ che dopo aver risolto un contratto a tempo determinato tra il 2007 e il 2011 non ne abbiano stipulato uno a tempo indeterminato. Costoro, anche se avessero costantemente lavorato, con un contratto a termine o di collaborazione, fino ad un minuto prima di andare in quiescenza, sono stati inclusi, dalla sesta salvaguardia, tra coloro che meritano di andare in quiescenza con le precedenti regole.

 

In che modo è possibile chiudere definitivamente la questione degli esodati?

Per me dovrebbe essere chiusa da tempo con un bel ‘’andate a lavorare’’. Volendo, tuttavia, si potrebbe mettere a fuoco l’idea del ministro Giovannini di immaginare un trattamento da erogare anticipatamente a prestito, da restituire a rate, poi, una volta acquisito il diritto.

 

Che cosa ne pensa dell’emendamento al decreto legge sulla pubblica amministrazione sui cosiddetti “quota 96” della scuola, cioè quei docenti che erano rimasti intrappolati dalla riforma Fornero pur avendo già maturato i requisiti?

A mio avviso sarebbe, solo, una settima operazione di salvaguardia. Avrà già capito che cosa penso delle altre sei. Del resto, non mi pare che questi insegnanti siano disoccupati.

 

(Pietro Vernizzi)