Una nuova riforma delle pensioni all’insegna della flessibilità. E’ l’idea del governo, illustrata a più riprese dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Il principio sviluppa un’opzione già anticipata dalla riforma Fornero: sarà possibile andare in pensione prima dei 66 anni in cambio di una decurtazione dell’assegno mensile, mentre chi deciderà di rimanere più a lungo otterrà una pensione più elevata. Una riforma che per Massimiliano Fedriga, deputato della Lega nord, non va alla radice del problema dell’attuale sistema pensionistico italiano.
Il ministro del Lavoro Poletti ha dichiarato che “bisogna creare meccanismi che consentano un’uscita anticipata a costo zero per lo Stato. In questo senso stiamo pensando a forme flessibili di prepensionamenti”. Condivide questa affermazione?
L’unica via d’uscita è abolire la riforma delle pensioni di Elsa Fornero, tutti gli altri sono mezzucci che non risolvono il problema. Va considerato il fatto che la riforma Fornero non è stata attuata per mettere in ordine i conti Inps, in quanto nel 2009 la Commissione Ue dichiarava che il nostro sistema previdenziale era tra i migliori in Europa perché la spesa previdenziale Inps era in diminuzione. La verità è che si utilizzano i soldi dei lavoratori privati per pagare i buchi del settore pubblico. L’Inpdap ha 9 miliardi di buco, entrati in Inps guarda caso proprio con la riforma Fornero.
Lei tornerebbe alle pensioni retributive previste prima della riforma Fornero?
Il sistema contributivo va rivisto, ma prima di tutto occorre sfatare un mito: non è vero che con il sistema retributivo si riceva in pensione quanto si versa nell’ultimo periodo della propria vita lavorativa. Quello previdenziale è un sistema solidaristico, e quindi nel quoziente di conversione del retributivo sono calcolate tutte le reversibilità e tutti gli altri sussidi, tali per cui si finisce per prendere molto di meno di quanto si versa. Allo stato attuale molti pensionati sono al di sotto della soglia di povertà, e con l’entrata a pieno regime del sistema contributivo il loro numero è destinato ad aumentare.
Per il ministro Poletti, “il dato positivo emergente è la rassicurazione che i dati strutturali della previdenza da un lato, dell’Inps dall’altro, vanno nella direzione di un positivo consolidamento”. E’ d’accordo con lui?
Non mi stupisce che sia così, nel momento in cui si vanno a raccogliere soldi dalle tasche dei contribuenti con una riforma delle pensioni indegna. Invito però il ministro Poletti a mettere nel piatto anche i costi sociali di quanti non hanno un lavoro. La riforma Fornero ha un’incidenza diretta sulla disoccupazione nel nostro Paese. Se in un momento di contrazione dell’offerta lavorativa, si va a congelare il ricambio generazionale, il risultato sono quel 46% di disoccupazione giovanile e quel 13% di disoccupazione generale che ci troviamo ad affrontare.
Come valuta le nuove misure sugli esodati che hanno allargato la platea dei salvaguardati da 65mila a 170mila?
E’ l’ennesima presa in giro. Era stata fatta una promessa da parte del governo di risolvere il problema in modo strutturale. In realtà si è fatto un piccolo intervento che andrà a cancellare completamente la proposta di legge uscita dalla commissione, che era quasi omnicomprensiva. Ovviamente maggiore è il numero di persone salvaguardate e meglio è, ma non è la soluzione che in quanto Lega nord abbiamo chiesto da sempre e che il governo ci aveva promesso.
Che cosa ne pensa dell’emendamento al decreto legge sulla Pa sui cosiddetti “quota 96” della scuola, cioè quei docenti che erano rimasti intrappolati dalla riforma Fornero pur avendo già maturato i requisiti?
Anche in questo caso è stato compiuto l’ennesimo errore della riforma Fornero, perché non ci si è resi conto che gli insegnanti della scuola maturano le pensioni in modo differenziato rispetto a tutti gli altri posti di lavoro. Tutto ciò che contribuisce a demolire la riforma Fornero ci vede quindi favorevoli.
(Pietro Vernizzi)