La scorsa settimana un paio di documenti sul mercato del lavoro a livello europeo e nazionale hanno contribuito a evidenziare i problemi delle nostre politiche. La Commissione europea ha presentato il rapporto sui posti di lavoro vacanti e le assunzioni evidenziano la persistente difficoltà per lavoratori con basse qualifiche a trovare un lavoro. La combinazione tra la persistente segmentazione del mercato del lavoro e la debole ripresa economica significa, per molte persone, la crescita del rischio di esclusione dalle opportunità di lavoro e la caduta nella povertà. Le prospettive occupazionali per le persone con scarsa istruzione anche nelle occupazioni elementari sono preoccupanti. Al contrario, le opportunità di lavoro sono in crescita in alcune professioni ad alta specializzazione.



Durante la crisi sono cresciuti sia il lavoro temporaneo che il part-time. Tra il 2008 e il 2012 la percentuale di assunzioni con contratti atipici è aumentata dal 44% al 46% per il part-time e dal 56% al 59% per i contratti temporanei che sono più comuni nei paesi con una forte tutela dell’occupazione.

In merito all’occupazione nel 2012 solo cinque paesi (Austria, Belgio, Germania, Malta e Svezia) hanno recuperato i livelli pre-crisi del Pil e dell’occupazione. Il numero di posti vacanti è diminuito del 19% e le assunzioni del 14% in media tra il 2008 e il 2012, con notevoli differenze tra i paesi. C’è stato un forte calo nelle persone reclutate negli stati membri dell’Europa orientale e meridionale, con riduzioni del 25% dai livelli pre-crisi in Grecia, Romania, Slovenia, Slovacchia e Spagna.



Le professioni con competenze di livello superiore sono in rapida crescita. Produzione software e professionisti delle vendite, nonché i lavoratori per la cura personale e gli infermieri nei servizi sanitari mostrano un forte incremento dell’occupazione. È necessario pertanto intervenire sull’acquisizione di competenze e conoscenze secondo quanto richiesto dalle imprese e rafforzare il sostegno per la transizione sul mercato del lavoro, in particolare attraverso la Garanzia Giovani.

A livello nazionale, frattanto, è giunta la notizia del flop sugli incentivi alle assunzioni dei giovani previste dal governo Letta. Al momento sono stati confermati 22.000 contratti, meno del 25% dei 100.000 previsti come risultato entro il 30 giugno 2015. L’incentivo prevede un contributo pari a un terzo della retribuzione, fino a un massimo di 650 euro, per chi assume a tempo indeterminato un giovane dai 18 ai 29 anni purché l’assunzione porti a un incremento del livello occupazionale dell’azienda rispetto all’anno precedente. L’incentivo ha durata massima di 18 mesi, gli assunti devono essere privi di impiego da almeno sei mesi, oppure privi di diploma o qualifica professionale.



Molti operatori del mercato del lavoro avevano manifestato perplessità su un dispositivo di incentivazione all’assunzione di giovani dequalificati, sganciato da percorsi di riqualificazione adeguati. Inoltre, è riconosciuto da chiunque operi con imprese che le assunzioni non avvengono a causa dell’incentivo collegato al lavoratore. Infatti, nei provvedimenti precedenti era stato dimostrato che l’incentivo andava a favore delle assunzioni già previste. Visto il flop degli incentivi per le assunzioni dei giovani, la speranza di politiche a favore della occupazione giovanile resta agganciata alla Garanzia Giovani.

Nel nostro paese l’iniziativa è partita il primo maggio e la programmazione del Ministero, in accordo con le Regioni, prevedeva che entro i due mesi dall’iscrizione dei giovani al portale nazionale ciascuno sarebbe stato indirizzato a uno Youth Corner con il quale avrebbe stipulato un patto di servizio che conteneva una serie di servizi tali da avvicinare, nell’arco di quattro mesi, il giovane al mercato del lavoro in relazione al suo stato. I risultati ammessi sono diversi e tutti indirizzati al lavoro: un tirocinio, un corso di formazione, un servizio civile, un’occasione di lavoro.

Quindi i primi giovani iscritti la prima settimana di maggio entro il 30 giugno avrebbero dovuto ricevere l’avviso di convocazione presso un Youth Corner, stipulare il patto di attivazione e servizio, ed entro quattro mesi dovrebbero ottenere un’opportunità di lavoro, studio, tirocinio, servizio civile. Al 30 giugno risultano 100.000 i giovani iscritti e 3.000 le occasioni di lavoro proposte dalle imprese, inoltre sono state avviate dal Ministero convenzioni con associazioni di categoria. Il punto è che i servizi verranno erogati dalle regioni. Il programma è partito in poche regioni, in alcune è in fase di partenza, in altre non si vede l’avvio. E qui vengono a galla una serie di problematiche.

Primo problema: l’accreditamento ai servizi al lavoro solamente in alcune regioni. Le regioni che hanno avviato il sistema di accreditamento ai servizi per il lavoro sono: Toscana, Lombardia, Veneto, Marche, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Sardegna, Lazio, Campania e Abruzzo. La ragione del sistema di accreditamento risponde alla necessità di un quadro normativo che permetta il rimborso dei servizi con risorse pubbliche e vi è da dire che l’accreditamento al lavoro non coincide ancora con la presenza di servizi. Le altre regioni non sono pervenute.

Secondo problema: sempre sull’accreditamento. Nonostante l’attivazione dei sistemi di accreditamento emergono differenze tra le regioni al punto che un’Agenzia per il lavoro potrebbe essere autorizzata in una regione e in un’altra no (un caso di studio è rappresentato dall’applicazione della normativa per l’accesso dei disabili).

Terzo problema: gli utenti. Molte regioni non hanno messo in conto l’effettivo bacino di utenti del piano, considerando, di fatto, soltanto i residenti nella regione, mentre è prevista la mobilità.

Quarto problema: i fondi. Il miliardo e mezzo di euro di finanziamenti Ue per Garanzia Giovani sono così ripartiti: 567 milioni da fondi comunitari diretti, 567 cofinanziati dalle Regioni e 378 dallo Stato italiano. Le Regioni sono costrette ad anticipare le risorse per Garanzia Giovani in attesa che arrivino quelle di provenienza statale e quelle europee.

Quinto problema: la convenzione con Inps per rimborsare tirocini e incentivi sono ancora da definire.

Sesto problema: il finanziamento dei servizi per il lavoro. Solo in poche regioni dopo il colloquio e l’adesione al programma personalizzato gli interventi sono stati finanziati (Lombardia, Veneto, Piemonte).

Da parte sua, il ministero del Lavoro ha finora emanato una circolare con la quale si stabilisce che il corretto risultato occupazionale, ai fini del rimborso del servizio, è rappresentato dal contratto a tempo determinato, indeterminato e anche alla somministrazione di lavoro (a condizione che l’Agenzia per il lavoro non riceva altri contributi per il servizio reso). Ci sono voluti due mesi per raggiungere questa ovvietà.

Ci sono quindi evidenti segnali di allarme. A livello europeo c’è l’urgenza di alzare la qualificazione dei lavoratori con basse competenze in relazione a quanto richiesto dalle imprese. A livello nazionale occorre impostare le politiche nell’attivazione della persona e nei risultati occupazionali in tempi definiti.

Oggi non è ancora così. Insistiamo a distribuire incentivi senza considerare l’accompagnamento delle persone che rappresenta l’unico modo per accertare l’adeguatezza del percorso di formazione/tirocinio. Bisogna agganciare i servizi rimborsati dalle risorse pubbliche al risultato occupazionale e così poter affermare con sicurezza che i denari sono spesi per l’occupazione.

Ci auguriamo che l’impianto previsto da Garanzia Giovani ponga la persona al centro di una rete di servizi pubblici e privati in concorrenza tra di loro, con una personalizzazione dei servizi (orientamento, formazione, accompagnamento al lavoro, tirocinio) e un rimborso dei servizi prevalentemente in base al risultato occupazionale. Questo potrebbe portare a una nuova stagione delle politiche del lavoro.

La stagione delle politiche per il lavoro basate sui risultati occupazionali sta per cominciare. Così si cambia davvero il verso alla politica del lavoro e in questa fase è necessario identificare chi sta remando contro, con l’interesse a mantenere le solite politiche slegate dall’inserimento al lavoro. Su tutto questo occorre vigilare.