La tensione tra i sindacati autonomi delle forze dell’ordine e il governo è altissima. Da tempo i sindacati in questione lamentano condizioni difficili ma la questione del blocco degli stipendi ha fatto esplodere la situazione. “Per la prima volta nella storia” sarà “sciopero generale”. Lo hanno appunto annunciato i sindacati di polizia, polizia penitenziaria, corpo forestale, vigili del fuoco e i Cocer (Consiglio centrale di Rappresentanza) Interforze (Esercito, Marina Aeronautica, Guardia di Finanza e Carabinieri) in risposta al paventato blocco degli stipendi nella Pubblica amministrazione. E in una nota congiunta hanno affermato che “qualora nella legge di stabilità sia previsto il rinnovo del blocco del tetto salariale, chiederemo le dimissioni di tutti i Capi dei vari Corpi e Dipartimenti, civili e militari, e dei relativi Ministri poiché non sono stati capaci di rappresentare i sacrifici, la specificità, la professionalità e l’abnegazione del proprio personale”.
Per capire quanto sia grave la situazione, consideriamo che i diritti sindacali delle forze dell’ordine non sono i medesimi delle categorie aderenti ai sindacati confederati: innanzitutto questi devono essere autonomi, inoltre la stessa attività sindacale non può essere esercitata durante le ora di servizio o in divisa. E, cosa determinante, l’art. 84 della legge 121/81 vieta il diritto di sciopero. Di conseguenza, la minaccia di uno sciopero generale che arriva in modo congiunto dall’intero fronte sindacale permette di capire quanto la situazione sia alle stelle.
Sulla questione sono intervenuti ieri Angelino Alfano e Marianna Madia. “Sono legittime le richieste dei sindacati di Polizia, ma i toni e modi usati ieri sono stati eccessivi; sono convinto comunque che ci sono le condizioni per affrontare con serenità il problema e risolverlo”. Queste le parole del ministro dell’Interno. “Per il comparto delle forze di polizia – ha detto invece il ministro della Pubblica amministrazione – ci sarà un surplus di attenzione, un’attenzione massima perché è un comparto sensibile e ci metteremo una maggiore attenzione poiché riconosciamo una specificità a questo comparto”. Così Marianna Madia ha replicato, dalla festa nazionale dell’Unità in corso a Bologna, ai cronisti che domandavano sulla medesima questione; non si è sbilanciata su un eventuale trattamento economico diverso per il medesimo comparto: “Io non dico mai cose di cui non ho certezza; quello che diciamo facciamo, quindi in questo momento non ho certezze quindi non dico nulla”.
Dal caso specifico si evince la difficoltà in questo momento dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi. Raramente nella storia del secondo dopoguerra si è registrata una tensione così forte tra l’intero comparto delle forze dell’ordine e il governo. È cosa nota che a Matteo Renzi tocchi l’ingrato compito di tagliare la spesa, che tuttavia negli ultimi 6 mesi è incrementata di 100 mld. Al di là della mancanza di un disegno organico di riforma, sorge spontanea una domanda: perché non iniziare a ridurre gli stipendi della politica?