La Corte costituzionale ha rinviato al 20 gennaio l’esame sull’ammissibilità del referendum proposto tra gli altri dalla Lega Nord per abrogare la riforma Fornero. I giudici hanno accolto la richiesta dello stesso Carroccio, che non avendo ricevuto la notifica prevista dalle norme non ha potuto allegare documenti che riteneva indispensabili. Intanto il senatore Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera, ha osservato: “Il Pd ha presentato alcune proposte sulle quali il Governo dovrà confrontarsi. La prima è quella di ‘quota 100’ e la seconda è la possibilità di andare in pensione a partire dai 62 anni con 35 di contributi e una penalizzazione massima dell’8%”. Ne abbiamo parlato con Corrado Mannucci, segretario nazionale della Federazione Pensionati Ugl.
Che cosa accadrebbe se la riforma Fornero fosse abrogata con un referendum?
Quello che accadrà lo decide il Parlamento. Ci sono delle forze che hanno voluto la riforma Fornero, e che adesso se viene abolita si troveranno in difficoltà. Ora cercheranno di rimediare, riproponendo ciò che è stato abolito. Personalmente trovo ingiusto e ingiustificato ciò che hanno fatto con la riforma Fornero nel 2011.
Perché?
La previdenza in generale è sotto tiro ormai da anni. Hanno cominciato prima anni fa a togliere la scala mobile, poi hanno calcolato il costo della vita prima in modo programmato e poi in modo non programmato. Hanno fatto sempre tutto il contrario di quello che andava fatto. Il governo ha addirittura tirato fuori la possibilità di fare pagare il ticket a coloro i quali hanno una certa età.
Lei come valuta queste scelte?
È un attacco allo Stato sociale. Non sappiamo quindi che cosa accadrebbe nel caso in cui la riforma Fornero fosse abolita, è tutto in mano a quello che decideranno i nostri politici. Noi possiamo parlare, protestare, organizzare manifestazioni o cortei, ma ai politici non importa assolutamente nulla.
Che cosa ne pensa dalla quota 100 proposta dal senatore Cesare Damiano?
Un provvedimento può essere giusto o sbagliato, ma va inserito in una situazione di carattere generale. Quando si parla di pensioni, stiamo parlando di qualcosa che consente alla gente che ha lavorato per una vita di sopravvivere in un contesto economico di grave crisi. Il problema quindi non sono solo le pensioni. L’assistenza sanitaria e tutto il resto non funziona, ci vogliono sei o sette mesi per una visita medica specialistica. Significa che se un paziente ha un problema urgente deve andare dalla sanità privata pagando.
Gli anziani come vivono questa situazione?
Il problema delle pensioni non è se mi danno dieci euro in più o in meno, ma che giorno per giorno mi trovo in difficoltà su qualunque cosa vado a fare. Tre mesi fa ho consegnato personalmente alla presidenza del consiglio un dossier sulle condizioni di vita di anziani e pensionati di terza e quarta età. Sono 90 pagine di considerazioni e proposte, che ancora attendono una risposta.
Secondo lei, perché non c’è stata risposta?
Il motivo è che nei palazzi romani non importa nulla di tutto ciò, perché i pensionati devono soltanto votare per loro e stare zitti. Penso che questa volta qualcuno si incomincerà ad arrabbiare e innervosire. I politici devono stare attenti a quello che fanno, perché i pensionati sono arrivati al limite della sopportazione.
Quindi è meglio evitare di fare altre riforme delle pensioni per non peggiorare la situazione?
Il punto è che se noi vogliamo ragionare seriamente di pensioni ci mettiamo intorno a un tavolo con tutte le parti interessate, sindacati inclusi. Va completamente rivista la condizione di chi va in pensione, perché gli interventi sulle singole voci non cambiano niente.
(Pietro Vernizzi)