«Accettiamo la decisione della Consulta che ha detto no al referendum sulla legge Fornero, anche se ora ci aspettiamo che sia il Parlamento a intervenire per riformare le pensioni». Sono le parole di Domenico Proietti, segretario confederale della Uil con delega alle Politiche fiscali e previdenziali, dopo che la Corte costituzionale ha ritenuto inammissibile la richiesta della Lega nord di tenere una consultazione popolare sulla legge varata dal governo Monti nel 2011. Ben più accesi i toni del segretario del Carroccio, Matteo Salvini, il quale ha accusato i giudici di avere “fottuto un diritto sacrosanto. Questa Italia mi fa schifo e mi batterò per ribaltarla”.



Proietti, che cosa ne pensa della decisione della Consulta?

Rispettiamo le decisioni della Corte costituzionale, e del resto era prevedibile che si sarebbe espressa in questo modo. Ciò non sposta di un centimetro l’esigenza che abbiamo ribadito da tempo di mettere mano in profondità alla legge Fornero. Chiediamo a governo e Parlamento di intervenire con modifiche che ristabiliscano un’equità e una giustizia.



Non ritiene che affrontare il problema con un referendum sarebbe stato più democratico?

È evidente che la via referendaria è prevista dalla nostra Costituzione, la quale prevede anche che la Consulta poi debba esprimersi sull’ammissibilità delle varie richieste. Il dibattito nella Corte costituzionale ha portato a una sentenza di rifiuto. Se ci fosse stato il referendum ci sarebbe stata anche più forza nel sostenere che bisognava modificare la legge Fornero. Ora però occorre prendere atto di questa decisione. La Uil intende proporre a Cisl e Cgil una grande mobilitazione intorno alle proposte che sono condivise dai sindacati, per poi portarle all’attenzione del governo e del dibattito parlamentare.



In che modo bisogna intervenire per modificare la legge Fornero?

Bisogna innanzitutto intervenire sulla flessibilità in uscita. La Uil ha proposto di stabilire un range tra 62 e 70 anni al cui interno il lavoratore possa scegliere come e quando andare in pensione, anche in base alle diverse strategie di lavoro. Ricordiamoci che non tutti i lavori sono uguali e che se uno è impiegato nell’edilizia non si può pretendere che a 70 anni stia ancora su un ponteggio. Siccome la legge Fornero ha alzato l’età pensionabile nel nostro Paese ai massimi livelli in Europa, è molto opportuno reintrodurre la flessibilità. Ciò consentirebbe anche di trovare un collegamento più efficace con il mercato del lavoro, perché con la legge Fornero si è completamente bloccato il turnover. La flessibilità in uscita offrirebbe quindi maggiori spazi ai giovani.

Che cosa ne pensa invece del problema della rivalutazione delle pensioni?

È necessaria la piena rivalutazione di tutte le pensioni in essere. La Fornero aveva introdotto dei limiti che in parte sono stati rimossi negli anni successivi, ma che ora vanno completamente eliminati. Lo strumento da utilizzare è la leva fiscale. Sulle pensioni italiane c’è il doppio delle tasse che mediamente si pagano negli altri paesi europei e noi pensiamo che il governo possa presentare il bonus da 80 euro anche per i pensionati. Questo consentirebbe di migliorare i trattamenti pensionistici per milioni di persone, la metà delle quali sono al di sotto dei mille euro. Parliamo quindi di situazioni che necessitano di un intervento immediato e concreto.

 

Quali sono le altre proposte della Uil?

È necessario varare una riforma della governance dell’Inps. Il governo ha posto fine alla fase del commissariamento con la designazione del presidente, e noi pensiamo che contemporaneamente si debbano dotare i comitati d’indirizzo e sorveglianza di reali poteri di verifica e di controllo. Chiediamo al governo un completamento in questa direzione della riforma della governance.

 

E sulla rivalutazione del montante in caso di Pil negativo?

Il nostro sistema in questa fase di crisi e di mancata crescita del Pil ha un riflesso negativo anche sulle pensioni future, e quindi proponiamo che negli anni in cui ci sarà la crescita negativa questa sia sterilizzata ai fini della determinazione del montante con il quale poi si va in pensione.

 

(Pietro Vernizzi)