«Pensare di risolvere la flessibilità pensionistica a costo zero per lo Stato rischia di tradursi in penalizzazioni molto dissuasive per chi vuole ritirarsi prima dal mondo del lavoro». Lo afferma Guglielmo Loy, segretario confederale Uil. Giovedì con il via libera alla nota di aggiornamento al Def il governo si è impegnato ad allargare le maglie per l’uscita anticipata dal mondo del lavoro. Il pareggio di bilancio è stato spostato al 2018. L’esistenza delle coperture resta però ancora tutta da verificare. L’elenco degli interventi da inserire nella Legge di stabilità continua infatti ad allungarsi.
Loy, che cosa ne pensa della posizione del governo sulla flessibilità pensionistica?
Il governo non ha ancora deciso se entrare nel grande mare della rivisitazione della legge Fornero. Porre contemporaneamente due parametri quali flessibilità in uscita e attenzione ai conti, per un Paese come il nostro si traduce in una non decisione. A meno che si pensi di risolvere il tutto a costo zero e con una forte penalizzazione per chi sceglie di ritirarsi in anticipo.
Concretamente come si può tradurre una flessibilità che non sia troppo costosa per lo Stato ma che sia anche appetibile per i lavoratori?
Stiamo parlando di una condizione soggettiva molto diversificata da persona a persona. Le caratteristiche della vita personale, familiare e di contesto ambientale sono variabili molto importanti. Poniamo un lavoratore che ha 1.200 euro di stipendio, e che ritirandosi tra tre anni dovrebbe ricevere 800 euro di pensione. Siccome decide di anticipare l’uscita però ne prende 700.
È una somma molto bassa…
Sono d’accordo. Ci possono però essere variabili soggettive molto rilevanti nella scelta delle persone. Uno può avere o meno una casa di proprietà, abitare in una grande città o in campagna, avere un carico familiare o essere single. Resta il fatto che anche 100-150 euro, per un reddito medio-basso, sono una penalizzazione molto rilevante. Quando si lavora, oltre al salario ci sono inoltre dei premi di produttività che alla fine dell’anno possono aiutare a sostenere alcune spese straordinarie. In linea generale quindi le penalizzazioni per la flessibilità sono molto dissuasive, ma poi ci possono essere casi in cui facendo due conti può essere anche conveniente ritirarsi prima.
Come valuta invece la posizione del governo sugli esodati?
È stata la politica, secondo me correttamente, a decidere di scadenzare in molti anni la risoluzione del problema esodati, con annessi stanziamenti. Ora probabilmente gli stanziamenti sono stati sovrastimati, o si sono ridotte le cause autorizzative, e il risultato è che ci sono dei soldi da parte. Il timore è che con queste risorse si cerchi di risolvere il problema della flessibilità in uscita, ma con il rischio di penalizzare il programma di soluzione del problema esodati nei prossimi anni.
Lei quale soluzione propone per precoci e mestieri usuranti?
È evidente che ci sono attività lavorative particolarmente usuranti. Questo termine va al di là della loro nocività o rischiosità, come chi fa l’operaio in una miniera o in un’azienda chimica. Si tratta piuttosto di quei lavori molto faticosi per l’organismo, che a 65 anni non è più freschissimo: il muratore, la maestra dell’asilo nido, l’autista di camion o di autobus.
E per le donne che cosa si può fare?
In un Paese normale è il sistema che sostiene il lavoro femminile, e quindi occorrono maggiori servizi. Non reputo positivo che il nostro welfare si sostenga sostanzialmente attraverso le collaboratrici familiari e il fatto che si dia per scontato che quando c’è un disagio familiare ci si rivolge alle donne. Noi partiamo dal presupposto che tutti debbano avere le stesse opportunità. L’idea che comunque siano le donne a doversi caricare di questo fardello è qualcosa che non ci piace.
(Pietro Vernizzi)