“Non abbiamo ancora trovato la soluzione per consentire di andare in pensione un paio d’anni prima. Se si interviene senza saggezza si fa danno, quindi proporremo la soluzione nel 2016 quando i numeri saranno chiari”, ha detto il presidente del consiglio, Matteo Renzi. Nei giorni scorsi invece il governo aveva annunciato che avrebbe inserito la flessibilità pensionistica nella legge di stabilità. Un voltafaccia subito stigmatizzato dai sindacati. Per Domenico Proietti, segretario confederale della Uil con delega alle politiche fiscali e previdenziali, «tra i lavoratori e le lavoratrici si sono create ormai delle aspettative che è profondamente sbagliato disattendere».
Proietti, che cosa ne pensa della decisione di Renzi? Noi riteniamo che sia un grandissimo errore.
Perché? Perché c’è ormai la necessità di intervenire per reintrodurre la flessibilità in uscita. Lo sostengono i gruppi parlamentari di tutti i partiti e le stesse commissioni Lavoro di Camera e Senato. Lo ha affermato per mesi il ministro Poletti. Lo aveva detto anche Renzi prima dell’estate. La decisione di non fare niente è quindi sbagliata. Tra i lavoratori e le lavoratrici si sono create ormai delle aspettative che è profondamente sbagliato disattendere.
Per Renzi, “se si interviene senza saggezza si fa danno”. Ha ragione? La Uil ha proposto una soluzione molto saggia che aveva incontrato un consenso diffuso nel Paese. Proponiamo di introdurre un range tra 62 e 67 anni dentro al quale il lavoratore può scegliere, anche in base alle diverse tipologie di lavoro. Su questa proposta c’è stata una larga convergenza da parte di tutti i partiti presenti nella commissione Lavoro alla Camera. Ciò documenta che era ed è una proposta molto saggia.
Perché allora per il momento non è stata attuata dal governo? La verità è che il governo non ha voluto affrontare questo capitolo perché nelle sue priorità la flessibilità pensionistica è stata messa in secondo piano. In questo modo non solo non si dà una risposta alle attese di tantissimi lavoratori, ma si crea un danno anche ai giovani. Si continua infatti a bloccare il turn-over e quindi si impedisce a decine di migliaia di giovani di entrare nel mondo del lavoro. Su questa posizione anche le aziende avevano detto che esiste la necessità di immettere forza lavoro giovane più preparata dal punto di vista dell’innovazione tecnologica.
Con la Legge di stabilità si dovevano risolvere anche altri due capitoli: esodati e Opzione Donna. Si farà quanto promesso o dobbiamo aspettarci altre brutte sorprese?
Noi ci auguriamo assolutamente di no. Per quanto riguarda la settima salvaguardia abbiamo dimostrato che ci sono le risorse già pronte. Tutti i soldi risparmiati dalle precedenti salvaguardie sono confluiti in un fondo. Inizialmente il ministro dell’Economia aveva fatto finta che questo fondo non ci fosse. Poi per fortuna ha dovuto prendere atto della realtà e ha riconosciuto che il fondo c’è. Quindi la settima salvaguardia va fatta e va finanziata con i risparmi che si sono realizzati nel corso di questi anni.
C’è il rischio che alla fine la settima salvaguardia avvenga a condizioni più svantaggiose rispetto alle prime sei? Questo comporterebbe introdurre ulteriori elementi di iniquità, che in seguito alla legge Fornero sono già pesantissimi. Noi non vogliamo nemmeno pensarci, perché significherebbe ancora una volta non trattare lavoratori e cittadini allo stesso modo. Riteniamo che la salvaguardia vada fatta, come sono state fatte quelle precedenti che hanno dato una risposta positiva a una situazione che invece era drammatica. I lavoratori avevano sottoscritto accordi con lo Stato, e dall’oggi al domani era stato detto loro che l’Inps non li avrebbe più pagati.
E per quanto riguarda Opzione Donna? Vale la stessa cosa. Opzione Donna è a costo zero in quanto viene totalmente coperta dal ricalcolo contributivo dell’assegno. Chi la sceglie ha una grande penalizzazione. È un’opportunità che va lasciata aperta. Noi abbiamo avuto molte perplessità sull’entità della penalizzazione, ma c’è una norma e le persone che la vogliono utilizzare devono essere libere di poterlo fare. Altrimenti si crea un’altra profonda ingiustizia.
(Pietro Vernizzi)