Nell’ultimo articolo pubblicato su queste pagine, me ne uscii con questo periodare: «Un approccio guidato dal risparmio dei costi, ma così raffazzonato da avere vita corta, soprattutto perché il “gioco delle tre carte” è, e resta sempre, emergenziale […] Per questo qualche tabella Istat, un pochino più approfondita avrebbe permesso di gridare “il Re è nudo”. Mi si perdoni, ma si deve riconoscere che un giudizio positivo richiede che almeno i numeri siano sani. Infatti […] va anche compreso che non va rifatto il cosiddetto “Errore Fornero”, assunto ormai a fattispecie. 



Ho scoperto con piacere che Matteo Renzi ha condiviso il giudizio sostanziale e il nominalismo formale di certi interventi richiesti a gran voce, creandomi, dopo aver detto anche lui “raffazzonato” in televisione, un profluvio di telefonate dirette a farmi confessare che ero io il consulente occulto della Riforma previdenziale per la flessibilità generalizzata in uscita, per la flessibilità, leva di turnover, e che preparavo chissà quante altre manovre segrete per aver riscontrato in precedenza che punti fondamentali nel Jobs Act sembravano essere stati presi di peso dai miei interventi e trasmigrati in atti di Governo. Sono sincero nel confessare di aver provato un minimo senso di soddisfazione per aver offerto solo un contributo, accompagnato tuttavia da un vago senso di preoccupazione per il fatto che le freccette – e non solo -, difficilmente da lanciare a Renzi, sembravano prediligere il mio non proprio smilzo profilo. E visto che in modo diretto o indiretto sono stato messo in gioco, mi si permetta allora d’intervenire su alcuni punti che, perdonatemi, trovo inqualificabili.



1) È vero, si è perso tanto tempo, ma i predecessori di Renzi gestirono l’emergenza e nessuno si prese l’onere (o l’onore ? – pensioni portano voti) di affrontare il tema nella sua globalità.

2) Per tre anni, dalla prima provocazione sull’intero problema di “riformare la riforma”, ai continui solleciti verso non solo coloro che erano diretti interessati, (a partire da “Donna Lacrima”), ma anche verso chi poteva esserne sensibilizzato fortemente, nessuno – al di fuori di Giovannini e poi Damiano e Baretta – si mosse con un minimo atto concreto fino a quando scoppiò la bolla vera e propria.



3) Si tamponò il tamponabile con 12 miliardi di euro, che potevano essere risparmiati se qualcuna avesse avuto l’umiltà di riflettere 24 ore in più (mentre ora appare in pubblico per lezioni di Emergency) e se qualcun altro invece di gestire il suo decimo incarico all’Ospedale Israelitico di Roma si fosse preoccupato di far lavorare meglio l’Inps. Così se si udì a destra uno squillo di tromba, rispose a sinistra il rintocco delle campane e arrivò Salvini con la richiesta di Referendum. La riforma pensionistica con il suo detonatore rappresentato dalla flessibilità in uscita è diventato un tema di appealing generale, quasi quanto quello della nostra Nazionale.

Ora io non voglio difendere la triade, Renzi-Padoan-Poletti nello sport nazionale del “Piove governo ladro, non piove governo ladro” solo perché caso ha voluto (ma il caso non esiste) che si condividessero opinioni e linguaggi. No, la voglio difendere per la bontà delle posizioni, anche se all’apparenza tutto sono tranne che in bonis.

Il nostro Paese è senz’altro di risorse dotate di qualità eccezionali, ma non dotate spesso di oggettività e di senso pratico. Quello stesso che manca ai dietrologi. E di dietrologi sulla citata partita della flessibilità condotta da Renzi finora se ne sono visti tanti e tanti sono stati i loro interventi: interventi che si sono rincorsi, intrecciati, copiati e al tempo riempiti di “distinguo”.

Lo stesso parlamentare Rizzetto vicepresidente della commissione Lavoro della Camera, ospite di un’intervista su queste pagine, ne è un esempio quando cita i presupposti della linea portata avanti in libertà dalla Commissione ( e non solo da questa) nei confronti dei titolari di Economia e Lavoro, partendo dai conti “fatti e rifatti, noti, ecc.”, ma dimenticando che in matematica, per fare le quadrature, il segno algebrico conta, eccome se conta. È vero che la politica è l’arte del possibile, ma è altrettanto vero che questa possibilità non può esplicarsi al di fuori di grandezze di bilancio, di coperture finanziarie o di azioni volte a soluzioni verificate e verificabili.

Si vuole che una misura necessaria e importante come la flessibilità generalizzata in uscita che faccia leva al turnover delle imprese incrementando l’occupazione giovanile, passi in carico alla fiscalità generale accorgendosi a conti fatti che la penalizzazione amplifica la riduzione del coefficiente di sostituzione che converte/trasforma l’assegno di fine mese in assegno pensionistico d’inizio mese, con il risultato di ridurre il potere d’acquisto dei pensanticipati (pens–ionati-anticipati)? Il tutto senza garanzia che l’aspettativa crescente di vita, anche questa citata come fattore di riequilibrio, diventi qualcos’altro sia per chi deve continuare a lavorare, sia per chi è già in pensione?

Nella libertà, abbiamo dei vincoli da rispettare. Il primo vincolo è quello di dati affidabili e veritieri: in poche parole la prima mina su cui saltò l’Incrociatore Inps… ma quanto a numeri di salvaguardia nemmeno le Commissioni con i loro questionari sembra che possano godere di navigazione tranquilla. Ed è proprio parlando di numeri che dissi che bisognava accorgersi che “il traguardo è possibile”, perché sono i numeri a renderlo tale o meno. Ecco perché personalmente apprezzo interventi come quelli di Bottarelli e di Cazzola e sospiro ripensando alla loro bravura che mantengono un taglio giornalistico elevato, mentre io di numeri riescono a metterne solo nei saggi e poco negli articoli. Però mi si passi il fatto che anche le parole valgono soprattutto riferendosi all’espressione “Si badi bene possibile non significa che sia vicino”. 

Tale traguardo lo si vuole oltre che possibile, anche vicino? Allora smettete di lanciare freccette da club a Renzi e chiedetegli invece, voi che avete il potere (in mezzo, come dice Rizzetto, ci sono partiti, commissioni, parlamentari, esperti, ecc.), di fare quello che chiesi già quasi tre anni fa: mettere Inps, Istat e Ragioneria Generale a fornire dati ed elaborazioni veritiere, affidabili, dati ed elaborazioni su cui innestare e da cui innescare il procedimento politico di Riforma. Come dissi, “il Re..ma anche la Regina non scherza…è nudo”, quindi il tempo perso per porsi a confronto non è stato perso perché è stato tradito da Renzi. È stato perso perché l’ha perso un’intera classe dirigente e ora è bene che lo recuperino tutti: il 2016 non è così lontano… come l’età della pensione.