Ancora una volta – come preannunciavamo in un recente articolo – è la chimica a fare da apripista alle novità della contrattazione collettiva, da tempo in fase di stallo non solo per problemi a essa contingenti ma anche per le difficoltà che sono ricadute dal livello confederale a quello delle federazioni, ovvero il sindacato che fa i contratti.
Certo l’immaginario collettivo – quando si parla di sindacato – pensa a Susanna Camusso, ad Annamaria Furlan, a Carmelo Barbagallo; e, in questo momento, il sindacato non gode di una buona fama. Le confederazioni che Camusso, Furlan e Barbagallo guidano, non sono riuscite – come noto a tutti – a trovare un’intesa con Confindustria. Ne parliamo da tempo, più che un problema di singole responsabilità, la sensazione è che la crisi del sindacato riguardi in particolare questo livello, quello confederale: in primis perché questo è il livello della “politica”, e oggi o hai un linguaggio diretto (che significa idee) e lontano dalla retorica o la vita è dura; in secundis perché il mancato apporto del sindacato confederale alla trasformazione economica e sociale è quasi universalmente noto.
Il problema enorme che il sindacato ha oggi a livello di rappresentanza nasce proprio da qui; si pensi, ad esempio, al popolo delle partite Iva: un sindacato moderno, più che fare battaglie ideologiche sulla flessibilità, avrebbe lavorato alla costruzione di tutele nuove, così da intercettare questo mondo di precarietà e questa possibile nuova base.
Il rinnovo dei chimici è importante non solo perché rompe una fase di stallo, ma anche perché individua soluzioni nuove, in particolare su questioni spinose come quella retributiva: i livelli retributivi saranno ora verificati annualmente in ragione dei tassi di inflazione o deflazione. Ciò significa che la parte datoriale, nel momento in cui dovesse vantare – come successo quest’anno – un credito per via della deflazione, sarà rispettata e non sarà più accusata di voler uccidere il contratto collettivo.
Come scritto ieri su queste pagine, un contratto non si fa in una notte. I chimici, infatti, da tempo avevano trovato degli intendimenti, ma sono stati fermi fino a quando il Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha dato il via libera alle sue Federazioni per i rinnovi di settore. Mentre i chimici trovano formule e soluzioni – e ora arriveranno altri rinnovi -, in certi ambiti le soluzioni paiono lontanissime. Le innovazioni che il fresco rinnovo ha identificato saranno sicuramente accolte dal sistema, anche sul piano confederale; e, ancora una volta, affermano il primato del mercato e del contratto, ovvero di impresa e lavoro e delle loro dirette rappresentanze.
Le domande che ci poniamo da tempo sono a questo punto sempre più stringenti: che senso hanno oggi le confederazioni? A cosa servono? Quale utilità? Quali visioni e valore aggiunto per il lavoro?
Il mondo confederale non è da cancellare in blocco anche perché non si può, ma eludere queste risposte significa tergiversare sui problemi veri della rappresentanza e della contrattazione collettiva.
Twitter @sabella_thinkin