«Il part time per i lavoratori anziani contenuto nella legge di stabilità resterà solo sulla carta perché ai datori di lavoro non conviene. Nell’attuale fase economica, non mi sembra che gli imprenditori possano essere disponibili per questa operazione». Lo denuncia Maria Luisa Gnecchi, membro della commissione Lavoro alla Camera e onorevole del Partito Democratico. La manovra 2015 propone che quanti sono a tre anni dalla pensione possano stipulare un accordo con l’azienda per lavorare meno, tra il 40% e il 60% dell’orario di lavoro. In tal caso il datore di lavoro verserà direttamente in busta paga i contributi pieni che avrebbe dovuto versare all’Inps. Mentre i contributi figurativi necessari per la pensione futura saranno messi dallo Stato.



Onorevole Gnecchi, ci spieghi che cosa ne pensa della norma sul part time.

Innanzitutto dobbiamo capire bene come funzionerebbe. Dal punto di vista della prestazione pensionistica i contributi figurativi sarebbero a carico dello Stato. Il dipendente potrà “ridurre il rapporto di lavoro in misura compresa tra il 40% e il 60%, ottenendo mensilmente una somma corrispondente alla contribuzione previdenziale a fini pensionistici a carico del datore di lavoro, relativa alla prestazione lavorativa non effettuata”. Quindi dal punto di vista previdenziale il lavoratore ottiene la contribuzione figurativa grazie allo Stato, ma il datore di lavoro paga al lavoratore i contributi che non versa l’Inps come se l’orario fosse pieno.



Ritiene che questo meccanismo possa funzionare?

Così come è scritta questa norma mi sembra impossibile da attuare. Non me lo immagino un datore di lavoro che paga metà stipendio più i contributi direttamente al lavoratore.

Che cosa non la convince?

Il datore di lavoro in questo modo paga i contributi per una prestazione che non ha. Ottiene infatti metà della prestazione lavorativa ma paga la contribuzione intera: oggettivamente si tratta di un aumento del costo del lavoro. Se l’imprenditore accetta, il lavoratore oggettivamente ci guadagna perché lavora la metà e ha la contribuzione figurativa intera da parte dell’Inps, nonché il 65% della retribuzione.



Finalmente una norma a favore dei lavoratori?

Il punto è che l’adesione degli imprenditori è su base volontaria. Nell’attuale fase economica non mi sembra che i datori di lavoro possano essere disponibili per questa operazione: sarebbe come dire che il lavoratore era inutile. Ma se le cose fossero così lo avrebbe licenziato, perché tutta questa bontà da parte degli imprenditori io non la vedo.

Che cosa ne pensa invece della settima salvaguardia degli esodati?

La parte della legge di stabilità relativa agli esodati è molto diversa rispetto al testo uscito dalla commissione Lavoro. Manca l’abrogazione delle penalizzazioni per le pensioni di anzianità anticipate liquidate con i requisiti della legge Fornero prima del gennaio 2015. Non c’è la salvaguardia per i rapporti di lavoro domestico. Fatto ancora più grave, sono esclusi molti di coloro che prima di essere licenziati avevano trascorso un periodo di cassa integrazione anche di alcuni anni.

 

Quali altre differenze ci sono tra i due testi?

Una vera e propria discriminazione è il fatto che non si salvaguardano i disabili, ma solo i genitori che sono in congedo parentale per assistere i figli. Sono esclusi dalla salvaguardia anche i lavoratori agricoli e stagionali. Non si capisce perché penalizzare queste categorie, anche alla luce del fatto che non è immaginabile che lavorino nei campi fino a 67 anni.

 

Opzione Donna è prorogata per un altro anno. È un fatto positivo?

Io sono convinta che sarebbe stata sufficiente la correzione della circolare, senza bisogno di intervenire in legge di stabilità. Anche il ministro Elsa Fornero lo aveva fatto, del resto senza nessun onere. Anche per ripristinare il calcolo della maturazione del requisito entro la fine del 2015 per Opzione Donna, era meglio intervenire con la modifica della circolare.

 

Invece che cosa prevede la legge di stabilità su questo punto?

La manovra ha stanziato 209 milioni indicati nella legge di stabilità a carico del fondo esodati, più altri soldi che non si sa neanche dove e come siano stati presi. Aggiungendo tre mesi di aspettativa di vita, si escludono dalla possibilità di accedere a Opzione Donna sia le lavoratrici dipendenti che compiono 57 anni il quarto trimestre del 2015, sia le autonome che nello stesso periodo compiono 58 anni.

 

(Pietro Vernizzi)