Nel dibattito sulla riforma delle pensioni è previsto un intervento specifico per le donne, ovvero Opzione donna. Tuttavia questa possibilità di accesso alla pensione anticipata non ci sarà più nel 2016 e non sarà un bene. Infatti la disparità di trattamento tra uomini e donne in Italia è forte anche in campo pensionistico. Basti pensare che la differenza tra le pensioni è del 39%. Colpa soprattutto della difficoltà per le italiane di avere una “vita contributiva” regolare. Spesso, infatti, le donne sono chiamate a occuparsi dei figli o dei familiari in difficoltà, dovendo rinunciare al lavoro o a ridurne l’orario, e di conseguenza l’entità dei contributi. Sarebbe quindi il caso di studiare qualche intervento previdenziale particolare proprio per le donne. Lo Spi-Cgil, per bocca del Segretario generale di Grosseto, va ancora all’attacco della legge Fornero. Lorenzo Centenari, in un’intervista a Il Tirreno, spiega infatti che la riforma dell’ex ministro, con il solo scopo di fare cassa, ha allungato i tempi di lavoro, penalizzando le donne e creando gli esodati. Dunque occorre intervenire per porre rimedio a questa situazione. E anche per aumentare gli importi degli assegni pensionistici, dato che il potere d’acquisto delle famiglie negli anni si è sempre più ridotto. Per il Governo, che sta studiando l’introduzione di una flessibilità pensionistica, arrivano dei dati molto utili. Un sondaggio condotto da Confesercenti con Swg sui potenziali beneficiari di tale provvedimento (che l’Istat aveva indicato in circa 2 milioni prima ancora della Legge di stabilità) mostra che il 49% di loro sarebbe disposto ad accettare una riduzione permanente dell’assegno pensionistico pur di poter lasciare prima il lavoro. Tra questi, il 30% accetterebbe una penalizzazione fino al 5% dell’assegno, mentre il 12% arriverebbe fino al 10% in meno. Solamente il 5% è disposto a decurtazioni fino al 15%. Come si diceva, si tratta di dati utili all’esecutivo, che proprio sull’ammontare della penalizzazione sta calcolando quale proposta potrebbe essere compatibile con i bilanci pubblici e con la possibilità che la flessibilità venga effettivamente utilizzata dagli italiani. Il sondaggio mostra anche altri interessanti dati. Per esempio, il 29% degli intervistati non lascerebbe in ogni caso il lavoro. Una domanda è stata poi posta sulla “flessibilità part-time” approvata dal Governo. L’ipotesi piace al 38% degli intervistati, ma la stessa percentuale la troviamo tra i contrari, mentre il 24% è incerto. La Confesercenti propone quindi una staffetta generazionale che non preveda la riduzione di stipendio e contributi per i pensionandi e a costo zero per lo Stato, finanziata attraverso risorse già versate dalle imprese. Mauro Bussoni, Segretario generale di Confesercenti, ha spiegato che se applicata alle imprese tra i 6 e i 60 dipendenti del commercio del turismo e del terziario, questa misura porterebbe all’ingresso nel mondo del lavoro di almeno 100mila giovani.