Ancora dal Governo Renzi non arrivano segnali univoci e chiari su come realizzare la riforma delle pensioni promessa con la Legge di stabilità. Annamaria Furlan chiede che dall’esecutivo arrivi una proposta accettabile e sostenibile, considerando la media degli assegni pensionistici che si aggira tra i 900 e i 1000 euro. Ragione per cui, per il leader della Cisl, occorre un’iniziativa “che non metta alla fame i futuri pensionati”. Mentre si attendono le mosse del Governo Renzi sulla riforma delle pensioni, un nuovo ddl in materia è stato depositato alla Camera. La prima firma è quella di Renata Polverini, vicepresidente della commissione Lavoro. Come nella proposta di Damiano, vi si trova la richiesta di pensione anticipata a 62 anni, con 35 di contributi, con una penalizzazione massima dell’8%. La novità sta nella richiesta di benefici previdenziali per i lavoratori che svolgono o hanno svolto assistenza familiare e per le donne per ogni figlio avuto. La poca chiarezza del Governo sulla riforma delle pensioni da introdurre con la Legge di stabilità non va già a Domenico Proietti. Il Segretario Confederale della Uil segnala infatti che tutte le più disparate ipotesi che stanno circolando in questi giorni non aiutano certo gli italiani. “Sarebbe ora che il Governo affrontasse insieme alle Parti sociali questo tema per trovare soluzioni razionali e positive”, aggiunge Proietti, ricordando anche che la proposta della Uil: l’ingresso in quiescenza in una range tra i 62 e i 67 anni, dentro il quale si possa scegliere.



Continuano a susseguirsi in questi giorni diverse indiscrezioni sui provvedimenti di riforma delle pensioni che il Governo dovrebbe varare con la Legge di stabilità, in particolare sulla flessibilità. L’idea del prestito previdenziale è sicuramente un’idea interessante. Si tratterebbe di un anticipo sulle pensioni per chi volesse uscire dal mondo del lavoro ”già” a 62-63 anni invece che ai 66 disposti dalle Legge Fornero. Sarebbero le aziende a prendersi carico di questo prestito continuando a pagare i contributi ai loro lavoratori e a versare l’assegno anticipato. I pensionati sarebbero poi obbligati a restituire l’anticipo andando a rinunciare per 15 anni a una parte delle loro pensioni dal compimento del 66mo anno. Bisognerà vedere quali aziende saranno in grado di accettare questa situazione e quali giovamenti ne potrebbero avere. L’ipotesi di flessibilità in uscita dal lavoro è in studio dal Governo che ha tempo fino al prossimo 15 ottobre per inserirla nella legge di stabilità. Le aziende potrebbero così ridurre e cambiare il personale in maniera meno onerosa rispetto alla Legge Fornero. (



L’obiettivo è dunque quello di cambiare la legge sulle pensioni della Fornero, perché, come ha spiegato a Labitalia Nazareno Festuccia, membro dell’esecutivo nazionale dell’Usb, l’uscita dal mondo del lavoro a 67 anni “è improponibile”, anche perché i posti di lavoro, “in virtù delle nuove tecnologie, saranno sempre di meno, e dunque bisogna trovare il modo di mandare i lavoratori in pensione prima e con un assegno dignitoso”. A questo proposito Festuccia ha bocciato la proposta di un prestito sulle pensioni finanziato dalle imprese. Si tratterebbe, secondo il sindacalista, di in un modo per scaricare i costi della flessibilità sui lavoratori. “È un concetto pericoloso perché scarica sul lavoratore il problema della previdenza”, ha spiegato Festuccia. Come fare dunque? Le risorse, secondo Festuccia, ci sono, “anche all’interno della stessa Inps”. In un certo senso esisterebbe un “tesoretto” che potrebbe essere utilizzato per le pensioni anticipate: i 15 miliardi di euro che vengono dai lavoratori migranti che però non arriveranno mai ad avere pensioni nel nostro Paese. O ancora i contributi che arrivano dai collaboratori e dalla gestione due”. L’importante, ha concluso il sindacalista, è che sulle pensioni si trovi “l’opzione giusta per il Paese e non per l’Ue o il Governo Renzi”.

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