Il 62% della crescita dell’occupazione in Europa prima della crisi era dovuto a una maggior partecipazione femminile alla forza lavoro. Tuttavia molto del capitale umano potenziale delle donne era ed è, ahimè, ancora, in particolare dopo la grande crisi economica, inutilizzato dal mercato del lavoro. Il lavoro del “gentil sesso” è, infatti, un fattore determinante della cosiddetta “parità di genere” e dell’indipendenza economica delle donne, ma certamente importante anche per l’economia di un Paese nel suo complesso. Un recente studio dell’Ocse dimostra, non a caso, che dimezzare il divario di genere nel mondo del lavoro potrebbe portare a una crescita del Pil di ben il 6% entro il 2030.



È noto, tuttavia, come i livelli occupazionali, e le relative dinamiche, delle donne siano, ovviamente, strettamente collegati alla maternità. Una delle questioni chiave per l’aumento della partecipazione femminile alla forza lavoro è quindi la compatibilità dei carichi familiari, in particolare quelli legati ai figli piccoli, e il lavoro. Recenti studi, anche della Commissione europea, illustrano, infatti, le notevoli differenze tra i paesi in materia di tasso di occupazione delle madri. 



Sorprendentemente, in alcuni paesi dove le donne hanno normalmente elevati tassi di occupazione, si registrano bassi tassi di partecipazione al mercato del lavoro per le madri di bambini piccoli; è il caso, in particolare, di Finlandia, Germania e Regno Unito. In altra direzione, Svezia, Danimarca e Slovenia mostrano, altresì, com’è possibile, per le giovani madri, conciliare bene lavoro e famiglia.

Il tessuto culturale e sociale influenza, inoltre, almeno in parte le scelte dei genitori. Questi elementi, d’altro canto, hanno anche un impatto sulle politiche pubbliche, sebbene quelle messe in atto potrebbero, almeno in teoria, aiutare il cambiamento degli atteggiamenti. Diverse politiche sociali, fiscali e del mercato del lavoro, i regimi di congedo di maternità e i relativi incentivi, la disponibilità di strutture per l’infanzia e la flessibilità dell’orario di lavoro, spiegano, difatti, le differenze di fondo quando si parla di occupazione, in particolare, femminile.



Se l’Europa vuole promuovere la parità di genere e ottimizzare l’utilizzo del potenziale del capitale umano nel mercato del lavoro, le politiche della famiglia, anche attraverso una maggiore valorizzazione del ruolo dei padri, giocano, quindi, un ruolo cruciale. In Italia, si pensi solamente al Jobs Act, certamente già molto è stato fatto, ma ancora molto si può, e si deve, fare.

L’Italia, infatti, non potrà veramente ripartire se non ripartono le sue famiglie anche grazie a un maggiore contributo, pure nel mercato del lavoro, di tante giovani madri che sono, ahimè, oggi escluse o non adeguatamente valorizzate.