Il Governo si è impegnato a introdurre la riforma delle pensioni con la Legge di stabilità, intervenendo su flessibilità, esodati e Opzione donna. Si sta facendo però strada, secondo quanto scrive Il Sole 24 Ore, l’ipotesi che le misure finiscano in un disegno di legge collegato con la Legge di stabilità, che dovrebbe invece essere un decreto legge. Questo da un lato potrebbe garantire una maggior “tutela” dell’intervento, che finirebbe separato dagli altri. Ma potrebbe anche tradursi in una minor velocità di approvazione dello stesso.  Tito Boeri non sembra molto soddisfatto delle ipotesi di intervento sulle pensioni che trapelano dal Governo. Il Presidente dell’Inps ha infatti spiegato che se si interviene sulle pensioni “è bene fare un intervento serio, non considerare interventi parziali, bisogna cercare di fare l’ultima riforma delle pensioni”. Vedremo se l’esecutivo risponderà a questo “appello” con la Legge di stabilità. 



Marco Di Maio, deputato del Partito democratico, esprime soddisfazione per l’approvazione della Nota di aggiornamento del Def. In particolare, ritiene positivo l’impegno preso dal Governo non solo sul fronte di incentivi fiscali, ma anche di agire per una maggiore flessibilità sulle pensioni. Ancora però non è ben chiaro quale tipo di intervento abbia in mente il Governo e se risponderà realmente alle aspettative dei molti italiani vicini all’età pensionabile (per l’Istat sono circa 2 milioni).



Citando uno studio di Mario Baldassarri, Sergio Rizzo sul Corriere della Sera ricorda agli italiani che anche nelle pensioni più basse c’è “dell’oro”, ovvero una parte che non corrisponde ai contributi versati dal pensionato durante la propria vita lavorativa. Questo porta a una situazione abbastanza particolare, per cui “i giovani pagano le pensioni agli attuali pensionati e poi, con il metodo contributivo, avranno assegni da fame. E chi ha avuto uno stipendio alto ha oggi una pensione altrettanto elevata senza aver pagato i contributi”.

Elvira Savino, deputata di Forza Italia, punta il dito sulle enormi differenze che esistono nei trattamenti pensionistici tra uomini e donne. L’Istat ha infatti resto noto che oltre la metà delle pensionate non arriva ad assegni di 1.000 euro, con persino un 15% che resta sotto quota 500. Tutto questo mentre gli uomini mediamente arrivano a percepire 1.500 euro. Savino, in particolare, ricorda che molto spesso le donne hanno svolto un lavoro insostituibile in casa e in famiglia. Vedremo se il Governo metterà in atto misure specifiche con la prossima Legge di stabilità.



L’Inca, il patronato della Cgil, ha deciso di presentare sette proposte di per riformare le pensioni in Italia. La prima è la reintroduzione dell’integrazione al minimo. La seconda è l’abolizione dei massimali alla contribuzione figurativa sui trattamenti Naspi, di modo che chi perde il lavoro non venga penalizzato. La terza è la diversificazione dell’aspettativa di vita a seconda del tipo di professione svolta, con particolare attenzione ai lavori usuranti, in modo che si abbiano età di accesso alla pensione differenziate. La quarta è l’eliminazione di incongruenze e disparità tra lavoratori. La quinta è la possibilità di riscattare la maternità facoltativa anche oltre i cinque anni previsti, eliminando altresì la diversa valorizzazione retributiva dei periodi figurativi. La sesta è la proroga di Opzione donna, con una minor penalizzazione. L’ultima proposta è una maggiorazione contributiva, ai fini del calcolo della pensione, per alcune categorie di lavoratori, come gli invalidi.

Morena Piccini, Presidente di Inca, ha quindi “bocciato” l’ipotesi di un prestito pensionistico a carico delle imprese, definendola “una presa in giro”, dato che innesta processi di espulsione. Vera Lamonica, Segretario confederale della Cgil, ha rincarato la dose, ricordando che il prestito previdenziale a carico delle aziende è già previsto dalla riforma Fornero e che di certo non aiuta le Pmi.