«Le proposte del presidente Inps, Tito Boeri, sono un contributo importante, ma il tema della povertà va affrontato in modo organico. La chiave giusta per farlo è quella fiscale, mentre ritengo sbagliato intervenire soltanto sulle pensioni». È il commento di Titti Di Salvo, vicepresidente del gruppo Pd alla Camera dei deputati e membro della commissione Lavoro. Nei giorni scorsi Boeri aveva pubblicato una proposta in 16 articoli, incentrata sul reddito di cittadinanza per gli over 55 senza lavoro e su una redistribuzione che coinvolga le pensioni più ricche a vantaggio di quelle più povere.



Onorevole Di Salvo, ritiene che sia necessaria una riforma delle pensioni?

Senza dubbio. La legge Fornero, approvata in una fase di concitazione pubblica, ha prodotto storture e iniquità talmente evidenti che è stato poi necessario utilizzare molte risorse pubbliche per correggerla. Abbiamo avuto gli esodati e il blocco della perequazione automatica delle pensioni. La somma di queste due scelte inique ha richiesto l’utilizzo di 14-15 miliardi di risorse pubbliche.



Il governo ha rinviato la flessibilità pensionistica all’anno prossimo. È solo una scusa per non fare nulla?

Il presupposto del governo è che vada fatto un intervento per consentire l’uscita flessibile dal lavoro, prendendosi però il tempo necessario per fare le scelte più ponderate e più eque, alla luce del fatto che in passato altre scelte hanno determinato disequilibri che poi è stato necessario correggere. Ritengo che quella dell’esecutivo sia una posizione di buonsenso.

Lei è d’accordo con le proposte di Boeri?

Le opinioni avanzate da Boeri sono un contributo importante. Il problema della povertà, che in parte la proposta del presidente Inps affronta, è comunque molto vasto. La legge di stabilità comincia a fornire alcune risposte, ma il punto è riuscire a darle in modo organico. Boeri rimette la questione al centro della discussione pubblica, ma illumina soltanto la parte relativa ai 55enni senza lavoro e senza pensione. La povertà investe però anche altre fasce, e occorre quindi un riordino delle fasce assistenziali.



Di che cosa ci sarebbe bisogno?

La direzione da seguire è quella del reddito di inserimento sperimentato con la legge 328/2000 firmata da Livia Turco. La prospettiva aperta dalla legge di stabilità è che la povertà è un tema rispetto a cui lo Stato ha il compito di intervenire. Per realizzare un intervento organico occorre rivedere tutte le misure assistenziali. Le proposte di Boeri insistono su questo argomento, e lo ritengo un fatto importante.

Ritiene che si debba intervenire anche a favore dei lavori usuranti?

Sì. Come documentano gli stessi studi del Mef, l’aspettativa di vita cambia moltissimo a seconda del lavoro che si fa. Il dirigente di un’impresa vive in media 6-7 anni in più di un operaio che lavora in quella stessa impresa. Un sistema previdenziale contributivo fondato anche sull’aspettativa di vita per definire la quantità della pensione e i requisiti per accedervi, deve aprire gli occhi di fronte a questa evidente differenza.

Più in generale, qual è la riforma organica di cui parlava prima?

La chiave più opportuna per affrontare il tema della redistribuzione delle risorse è quella fiscale. Se si decide che è giusto che chi ha di più contribuisca maggiormente alla ripresa e alla solidarietà, occorre passare dal Fisco. Va usato cioè uno strumento che investa sia i redditi da pensione, sia quelli non da pensione.

Su quali tasse occorre intervenire?

Il governo ha già annunciato tre fasi di riduzione della pressione fiscale: quest’anno con la Tasi, l’anno prossimo l’Irap e nel 2018 l’Irpef. Quando si parlerà di Irpef bisognerà ragionarci bene, perché è quella la chiave della redistribuzione. Immaginare contributi di solidarietà soltanto per le pensioni ha esposto queste scelte alle sentenze della Corte costituzionale. Anche da questo punto di vista bisogna fare le scelte giuste, per evitare che una decisione pur giusta sia impugnata perché incostituzionale.

 

(Pietro Vernizzi)