Riforma pensioni 2015, le proposte di Tito Boeri commentate da Walter Anedda Le proposte di modifica alla Legge di Stabilità in tema di pensioni rimandate alla Camera? Per alcuni rimane solo un auspicio; incassata l’impossibilità di operare in commissione Bilancio al Senato e con la scelta del Governo di porre la fiducia al proprio maxiemendamento, gli spazi di manovra di chi vorrebbe che il tema della flessibilità pensionistica fosse incardinato nel testo normativo risultano sempre più ristretti.
Flessibilità che, anche alla luce dei numerosi emendamenti presentati (e dichiarati inammissibili o respinti), è tradotta quasi sempre dai proponenti con ipotesi di reintroduzione generale della pensione di anzianità, attraverso una rimodulazione dei requisiti pensionistici imposti con la riforma Fornero.
È noto che la modifica delle soglie di accesso alla pensione, se non opportunamente ponderate in termini attuariali, possono avere una incidenza disastrosa per i conti pubblici, soprattutto nel medio e lungo periodo; motivo questo che ha portato sia il Presidente del Consiglio, sia il Ministro del Lavoro, seppure con diversa tonalità, a sottolineare l’opportunità che la discussione in materia fosse rinviata al 2016.
In tale contesto, è parso contradditorio che la richiesta di postergare le valutazioni di merito fosse rimasta inascoltata invece da chi – probabilmente perché maggiormente responsabilizzato per il ruolo che ricopre – ha ritenuto di rendere noto la proposta presentata al Governo a giugno 2015. Il riferimento è ovviamente al Presidente dell’Inps che, ai primi di novembre, ha pubblicato sul sito istituzionale il proprio progetto di riforma previdenziale (chapeau per la trasparenza).
L’articolato normativo, ampiamente corredato da relazioni e grafici, evidenzia già nel titolo (“Non per cassa ma per equità”) le motivazioni che ne sono alla base e gli obiettivi che si prefigge, ma sconta, sin da subito, la sua natura tecnica, dimenticando (forse non a caso) quanto la valutazione politica (intesa soprattutto in termini di convenienza elettorale) abbia da sempre inciso sulle scelte opportunistiche e clientelari del nostro Paese in tema previdenziale. Prova ne sia che, storicamente, le operazioni di riequilibrio del sistema sono sempre transitate attraverso i governi tecnici (Amato, Dini, Monti), con deresponsabilizzazione della politica.
La tecnicità della proposta Boeri però, questa volta, non è destinata a recuperare sostenibilità economica, bensì sostenibilità sociale; quest’ultima intesa in maniera diversa da quella professata dai sindacati, che tendono a circoscriverla al mero aspetto di salvaguardia delle coorti dei pensionati e pensionandi.
Senza volermi addentrare in questa sede sull’esame della proposta – avendone in parte già delineato i contenuti su queste pagine commentando le anticipazioni che Boeri fece con la presentazione della Relazione Annuale 2014 -, è evidente il filo comune che è posto a base del ragionamento dal Presidente dell’Inps: la stabilità della previdenza italiana, per quanto caratterizzata da un forte squilibrio tra entrate e uscite, è comunque garantita dai flussi che provengono dal Bilancio dello Stato; permane invece una forte differenza sia tra gli attuali fruitori delle prestazioni (a parità di contribuzione versata si assiste a ingiustificabili difformità nei trattamenti previdenziali erogati nelle diverse gestioni), sia tra pensionati attuali e pensionati futuri (ancorché iscritti alla medesima gestione, i futuri pensionati godranno di trattamenti previdenziali ben più contenuti di quelli attuali, ancorché contribuiranno finanziariamente in misura superiore a questi ultimi). Di sicura attenzione anche le valutazioni in ordine ai meccanismi assistenziali che necessitano di essere ripensati, tenendo conto della disomogeneità degli stessi e dei diversi meccanismi selettivi di fruizione.
È significativo, però, come gran parte del mondo politico/sindacale, anziché entrare nel merito delle proposte (e su alcune ci sarebbe sicuramente da discutere) abbia preferito evidenziare l’aspetto asistematico dell’intervento di Boeri, concentrandosi sull’inopportunità che il rappresentante dell’ente previdenziale potesse attribuirsi un ruolo propositivo quando allo stesso competerebbe solo un ruolo esecutivo. In altri termini, anziché concentrarsi sulla equità del sistema ci si è accalorati sulla correttezza di comportamento di un civil servant
Così come lascia attonito il fatto che alcune misure siano state commentate distorcendone in toto il contenuto, al solo scopo di far passare un messaggio mediatico ben diverso da quello reale (esemplificativa la confusione creata in merito all’importo minimo delle pensioni oggetto di eventuali interventi perequativi).
Per tutto quanto sopra, ho seri dubbi che, alla Camera, in sede di discussione delle Legge di stabilità, si possa attivare una seria e pesata riflessione sul tema, in mancanza della quale, qualsivoglia intervento normativo, rischia di essere valutato – parafrasando una frase utilizzata di recente dal sottosegretario all’economia Zanetti – ponendo maggiore attenzione alla curva dei sondaggi piuttosto che a quella demografica.