Il presidente della commissione Lavoro alla Camera dei Deputati, Cesare Damiano, si è detto disposto ad accettare l’anticipo dell’età pensionabile a 64 anni, anziché a 62 come inizialmente proposto, purché la modifica sia inserita fin da subito nella legge di stabilità. La sua richiesta al presidente Renzi è “di avviare una sperimentazione già in questa legge di stabilità, consentendo un anticipo, con penalizzazioni, di uno o due anni anziché di quattro”. Attualmente la manovra 2015 prevede già la possibilità del part time per i lavoratori anziani, mentre il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha spiegato che la flessibilità pensionistica vera e propria sarà introdotta a partire dall’anno prossimo. Ne abbiamo parlato con Giorgio Benvenuto, ex segretario generale Uil ed ex senatore dell’Ulivo.
Benvenuto, quello proposto da Damiano è un buon compromesso o di fatto lascia le cose come stanno Quello proposto è un esperimento limitato, ma è comunque meglio che niente. Da buon sindacalista, Damiano cerca di trovare uno spiraglio per poi arrivare a una riforma organica. La flessibilità a 64 anni però non è certo la soluzione, quanto piuttosto una sollecitazione a superare la politica dei rinvii. Si tratta di un segnale, per quanto tenue.
Quindi lei lo legge più che altro in chiave politica? Sì, lo leggo in chiave politica perché in chiave di contenuto è un provvedimento di portata molto limitata. È un principio che si afferma, con una fessura che si apre e che poi andrà assolutamente allargata se vuole essere qualcosa di efficace, altrimenti finisce per essere poco più che niente. E’ un modo non per chiudere la partita, ma per aprire una discussione più ampia. Nelle trattative sindacali si fa così: si cerca di aprire uno spazio, ma poi non ci si accontenta.
Nel complesso che cosa ne pensa della scelta del governo di rinviare la flessibilità pensionistica al 2016 Sulle pensioni c’è sempre una grande confusione, manca un disegno di carattere organico da parte del governo. Registro inoltre una grande contraddizione tra il governo e il presidente dell’Inps, Tito Boeri, che rappresenta una sorta di “ministro ombra”. Manca una strategia e le decisioni sono prese di volta in volta sul momento per fare quadrare i conti.
Come valuta la legge di stabilità dal punto di vista delle misure sul welfare? La legge di stabilità è fatta di rinvii e sospensioni, mentre ci sarebbe bisogno del fatto che la politica vada d’accordo con l’amministrazione. Abbiamo un presidente Inps molto loquace, che indica una strategia diversa da quella di Palazzo Chigi. Nel quadro di una riforma delle pensioni di carattere generale, il part time può rappresentare un elemento di flessibilità, ma ciò va accompagnato a una politica più ampia.
Il part time può essere un buon punto di partenza per poi arrivare alla flessibilità pensionistica? È questo che io trovo sbagliato. Intervenire sulle pensioni in legge di stabilità è un modo disorganico di farlo. In Italia conta solo ciò che si realizza, non ciò che si prevede di fare. Chi mi garantisce che il prossimo anno la riforma delle pensioni ci sarà davvero? Quella di Giuliano Poletti è un’affermazione programmatica che, come dimostrano i fatti, è destinata a slittare nel tempo. Era quindi l’occasione per accompagnare la legge di stabilità con un provvedimento di carattere generale sul sistema pensionistico.
In che modo ritiene che vada attuata questa riforma di ampio respiro?
Se c’è la disponibilità a mettere mano al sistema pensionistico, occorre avere anche una visione di carattere strategico. La mancanza di una sede di discussione, in quanto il Parlamento è stato espropriato di questo ruolo, impedisce di cogliere quelle disponibilità che in altri momenti sono state praticate nel nostro Paese.
Quali sono le conseguenze di questo mancato confronto? La sottovalutazione della necessità di un confronto con le parti sociali porta il governo ad assumere un atteggiamento alla “prendere o lasciare”. Chi fa delle proposte o presenta degli emendamenti è immediatamente demonizzato. Peccato perché invece il Paese vuole veramente le riforme per fare crescere l’economia in modo più stabile e cogliere questa atmosfera di ripresa.
(Pietro Vernizzi)