Una delle principali novità del Jobs Act è la Dis-coll, ossia la nuova indennità di disoccupazione riservata ai lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa e a progetto iscritti alla gestione separata Inps. Tale indennità spetta, infatti, in via sperimentale per l’anno 2015, a tutela degli eventi di disoccupazione dei collaboratori verificatisi tra il 1° gennaio e il 31 dicembre dell’anno in corso. Possono, quindi, godere di tale misura di sostegno al reddito quei collaboratori che, in seguito alla perdita involontaria della propria occupazione, possano far valere, sommando i contributi versati nell’anno precedente e nel 2015 sino al verificarsi dell’evento di disoccupazione, un periodo complessivo di 4 mesi di contributi.
Nello specifico il collaboratore deve essere, prima di tutto, in stato di disoccupazione, per cui iscritto presso il Centro per l’impiego e aver sottoscritto la cosiddetta “Dichiarazione immediata disponibilità al lavoro” (quella comunemente chiamata Did). Il lavoratore deve, quindi, aver versato almeno 3 mesi di contributi Inps a partire dal gennaio dell’anno solare precedente al licenziamento e almeno 1 mese di contributi nell’anno solare in cui si verifica la cessazione del rapporto di lavoro di collaborazione (in questo caso il 2015).
È emersa, tuttavia, una criticità nella scrittura e interpretazione della norma, con specifico riferimento ai lavoratori cessati a gennaio e che non possono, quindi, ovviamente, portare in dote il mese di contribuzione nell’anno solare previsto dal D.lgs. 22/2015. In questo quadro si deve evidenziare come la conferma di tale misura di tutela sia stata messa in dubbio, in sede di approvazione della Legge di stabilità, almeno fino a poche notti fa. Le Commissioni Bilancio di Camera e Senato avevano, infatti, bocciato gli emendamenti, anche di maggioranza, che prevedevano il rifinanziamento della Dis-coll per il 2016 dopo la sperimentazione realizzatasi quest’anno.
Alla fine, tuttavia, è arrivata la proroga della misura, per i titolari di contratto di collaborazione coordinata e continuativa, che sarà, quindi, riconosciuta anche agli eventi di disoccupazione che si verificheranno dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016, nel limite di 54 milioni di euro, e con un plafond di 24 milioni di euro nel 2017.
Potremmo dire, insomma, che, alla fine, tutto è finito bene è che questi lavoratori (forse di serie B?), si pensi ad esempio ai precari della ricerca, avranno anche loro qualche tutela “crescente”, almeno per i prossimi due anni. È, tuttavia, incomprensibile l’atteggiamento, un po’ schizofrenico, del Pd e della maggioranza che rischiava di rottamare, dopo meno di un anno, una delle principali novità del Jobs Act.