Le grandi confederazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil si sono date appuntamento oggi per ricordare al governo che i temi ingarbugliati legati alla previdenza hanno bisogno di essere finalmente sciolti: giovani e anziani non sono mai stati legati così tanto agli stessi destini, aldilà dei teorici del conflitto tra generazioni.
Coloro che hanno appena iniziato il lavoro, restando immutata la situazione della previdenza integrativa, essendo questa poco estesa, e dovendo coprire un terzo del monte risparmio previdenziale individuale, corrono il rischio di avere, alla fine del loro percorso lavorativo, un destino di poveri. Al contrario, chi sta concludendo la propria parabola lavorativa, essendosi trovato di fronte a cambiamenti normativi repentini e svantaggiosi riguardanti il loro tempo di permanenza e con un grado inferiore di copertura dell’assegno pensionistico, giungerà alla pensione esausto e meno sicuro.
Allora Cgil, Cisl e Uil fanno bene a essere uniti nel porre i problemi in piazza. Si spera che il Governo si renda disponibile a trovare soluzioni più flessibili, pur non compromettendo il già precario equilibrio finanziario previdenziale. Con queste iniziative non si può che sperare che l’unità del sindacato si estenda dai temi previdenziali a quelli del rinnovo del sistema contrattuale, un argomento fermo al tavolo di Confindustria-sindacati da diversi mesi e che riguarda principalmente l’esigenza di dare più forza alla contrattazione aziendale. Una maggiore quantità e qualità della produzione è ciò che occorre alla nostra anemica economia; ne ricaverebbe quella nuova energia che al momento manca. La contrattazione aziendale è la leva che unisce lavoratore e imprenditore a un unico obiettivo: consolidare nel mercato l’azienda, redistribuire la ricchezza maggiormente prodotta.
Peraltro Cgil Cisl Uil, pur partendo divisi su questi temi, con patti non firmati da tutti nel lontano 2009, successivamente hanno siglato ben due accordi interconfederali fortemente innovativi sulla contrattazione di secondo livello. Ultimamente il governo non a caso ha voluto premiare fiscalmente il salario di produttività e gli accordi per il welfare aziendale. Lo ha fatto per dare un viatico interessante agli eventuali nuovi patti.
Quali sono allora gli ostacoli? Non ha senso in simili circostanze affermare – come insiste a fare una parte del sindacato – che prima si debbono fare tutti i contratti collettivi nazionali di settore con le regole vecchie, e poi disegnare il nuovo accordo sul sistema contrattuale. Queste dichiarazioni hanno il sapore di giudicare i patti contrattuali in azienda come un amaro calice.
Non è così. È una grande opportunità per il Paese, per i lavoratori e per lo stesso sindacato. Infatti, si avrebbe bisogno di contrattare di più le condizioni del lavoro, ed evitare che il governo intervenga sulle materie del lavoro a scapito della libera negoziazione e dell’autonomia delle Parti sociali, com’è avvenuto sempre più frequentemente in questi ultimi tempi.
La segretaria della Cisl Annamaria Furlan ha avuto credito dal Governo quando ha chiesto di non intervenire su materie come salario minimo e rappresentanza, dopo aver annunciato di farlo. Ma il Governo avrebbe facile gioco, a fronte dello stallo contrattuale, a intervenire. Sarebbe un assist oggettivo a favore della voglia renziana di restringere gli spazi delle associazioni del lavoro.