Questa settimana, Federmeccanica ha presentato a Fim, Uilm e Fiom una proposta di contratto per il rinnovo del Ccnl metalmeccanico in scadenza. Un paio di settimane prima, la stessa Federazione dell’Industria Metalmeccanica ha pubblicato il suo “Manifesto delle Relazioni Industriali” sulla partecipazione e sul coinvolgimento di tutti gli attori, le Parti sociali e gli individui.



Il settore della metalmeccanica, al di là dei buoni auspici che possono animare le sue rappresentanze, resta non soltanto il più importante segmento industriale del nostro Paese – e non solo del nostro -, ma anche quello più “controverso”, dove realmente le tensioni tra le parti non si sono mai sopite e in cui la “pace sociale” è sempre stata molto difficile.



Non esiste uno standard di relazioni industriali: nelle industrie metalmeccaniche, nelle banche, nella Pa, nel commercio, nei settori ad alta innovazione, nelle industrie petrolchimiche, nell’edilizia e nei media esistono grandi eterogeneità, diverse culture e diversi comportamenti. D’altro canto, al di là di evidenti diversità nel lavoro e nell’organizzazione del lavoro, non in tutti i settori c’è lo stesso livello di partecipazione, cosa che – naturalmente – incide sul risultato. Per fare degli esempi, la partecipazione registrata nel settore della chimica ha prodotto a oggi i risultati migliori in termini di innovazione, di competitività e di flessibilità. Pensiamo, invece, proprio alla metalmeccanica – settore ruspante in tutta Europa – ed è evidente quanto la conflittualità insita in questo settore non sia solamente problematica dal punto di vista della gestione dei rapporti, ma in relazione allo stesso risultato della negoziazione sindacale. In buona sostanza, il “caso Fiat”, si permetta il gioco di parole, non è un caso.



Venendo ai giorni nostri, le Parti si sono incontrate, ma la proposta di Federmeccanica non soddisfa i sindacati: nessun aumento salariale nel 2016 per assorbire parte di quei 74 euro in più (4%) erogati nello scorso triennio, ma solo per quanti siano al di sotto del minimo contrattuale, quei 37,31 euro al mese che gli stessi lavoratori avrebbero preso come “indennità” per la mancata contrattazione aziendale; aumento consistente invece di alcune tra le voci più importanti del welfare aziendale, dall’assistenza sanitaria integrativa al 100% estesa anche ai familiari, alla previdenza complementare fino alla formazione.

Secondo gli industriali, il contratto porterebbe a un aumento del salario lordo di 1.582 euro all’anno che i sindacati non hanno però accolto del tutto positivamente, soprattutto per la scelta di non destinare incrementi salariali per tutti i lavoratori ma solo per il 5% di essi stante ai calcoli della Fim.

La situazione pare tuttavia presentare uno scenario nuovo: Landini, che da quando è alla guida della Fiom non ha mai firmato un rinnovo contrattuale, dice che serve una risposta adeguata e possibilmente unitaria; e aggiunge – parole sue – “questo contratto lo vogliamo fare”.

Ora, la volontà di Federmeccanica è chiara: o sarà un contratto unitario o non sarà. Dopo tre contratti separati e il caso Fiat, la volontà generale è quella di ricompattare il settore. Sarà la volta buona?

 

Twitter @sabella_thinkin

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