«La flessibilità in uscita è una necessità, in particolare per le situazioni limite di chi si trova a perdere il lavoro a un’età in cui la ricollocazione è difficile. I modi giusti per affrontarla sono il prestito pensionistico o forme di penalizzazione per chi sai ritira in anticipo dal mondo del lavoro». È quanto afferma Giorgio Santini, senatore del Pd, membro della commissione Lavoro ed ex sindacalista Cisl. Le pensioni sono al centro del dibattito in commissione Bilancio alla Camera, dove è in corso l’esame degli emendamenti alla Legge di stabilità. In particolare, le due questioni aperte sono Opzione Donna e la settima salvaguardia degli esodati.
Senatore, lei condivide gli emendamenti su Opzione Donna ed esodati? Per quanto riguarda Opzione Donna, la proposta è quella di includere anche le lavoratrici che compiono 57 anni (o 58 anni) negli ultimi tre mesi dell’anno. Il difetto di questo emendamento è che ha un costo in termini di bilancio. Per quanto riguarda invece gli esodati speriamo che questa sia l’ultima salvaguardia e che si riescano a comprendere tutte le varie fattispecie.
Ritiene che la settima salvaguardia degli esodati sarà anche l’ultima? Gli emendamenti sono tesi a fare in modo che sia salvaguardata l’intera platea di quanti hanno vissuto questa situazione paradossale. Sarebbe importante che finalmente su questa materia si potesse mettere la parola fine nell’interesse delle persone che devono risolvere il loro problema. In una seconda fase con modifiche previdenziali si dovrà affrontare il tema della flessibilità in uscita.
Perché il numero degli esodati è sembrato lievitare nel tempo? Perché rimane aperto il problema di chi perde il lavoro a 62-63 anni ed è di difficile ricollocazione. Poiché non può andare in pensione con le vecchie regole, bisogna trovare delle nuove forme di flessibilità intelligente. Sappiamo già che all’ordine del giorno del 2016 c’è un aggiustamento della riforma previdenziale sul tema della flessibilità in uscita, in particolare per chi perde il lavoro in età avanzata.
In che modo e con quali risorse si può attuare la flessibilità in uscita? La flessibilità in uscita è innanzitutto necessaria, in particolare per le situazioni limite di chi si trova a perdere il lavoro a un’età in cui la ricollocazione è difficile, anche se va comunque tentata sempre. Oggettivamente sappiamo che dopo una certa età rientrare nel mondo del lavoro è complicato. Si tratta quindi di una misura necessaria. D’altra parte sappiamo tutti che è una politica costosa.
In che modo è possibile far sì che i costi siano sostenibili per tutti? Occorre cercare delle strade che suddividano i costi tra tre soggetti. Naturalmente una parte deve farla il bilancio pubblico, in modo compatibile con la tenuta del sistema. Ma ci deve essere anche una componente messa dal soggetto, in modo che per chi va in pensione in anticipo ci sia una penalizzazione, sia pure con una percentuale sostenibile. Una terza componente deve pesare sulle aziende.
Come valuta invece la proposta di un prestito pensionistico?
Può essere una buona idea. Il prestito pensionistico sarebbe restituito nell’intero arco degli anni in cui si percepisce la pensione. Il suo valore immediato è quello di aiutare la persona ad arrivare all’età pensionabile, e poi potrebbe essere restituito anche in piccole rate con l’aiuto del bilancio pubblico e possibilmente delle stesse imprese. Ciò permetterebbe di essere sostenibile per il pensionato con una penalizzazione nel limite dei 100 euro al mese.
Il Movimento 5 Stelle ha presentato un emendamento per chiedere che gli edili siano considerati lavori usuranti. Lei lo condivide?
Si tratta di una questione di vecchia data che è stata risolta finora dal punto di vista degli edili con meccanismi contrattuali e solidaristici interni al sistema delle costruzioni. In questo modo si sono prolungati i sistemi di cassa integrazione in deroga o interni alla cassa edile o agli enti bilaterali. Non credo che sia una materia che si possa affrontare per legge, ritengo che sia meglio demandarla ai contratti.
(Pietro Vernizzi)