Riforma Pensioni 2015 «La vera riforma delle pensioni non la deve fare il governo ma gli stessi contribuenti. È necessario educare gli italiani a non usare i loro risparmi per metterli sotto il materasso, ma a investirli nei fondi di previdenza complementare». Lo afferma Maurizio Del Conte, professore di Diritto del lavoro all’Università Bocconi di Milano. Da mesi si parla della necessità di introdurre forme di flessibilità pensionistica per compensare alla presunta rigidità della riforma Fornero, ma ancora nessuna proposta si è concretizzata in un decreto del governo o in un disegno di legge del Parlamento.
Quale delle diverse proposte sul tavolo è più adatta alle esigenze dei pensionati?
Bisogna fare dei conti molto precisi, vedere esattamente le soglie e gli incentivi all’anticipo dell’uscita dal mondo del lavoro. Solo facendo questo tipo di valutazioni alla fine si potrà avere un pacchetto di opzioni differenti da offrire alle persone disposte al sacrificio della perdita di prestazione previdenziale compensato dal vantaggio dell’anticipo dell’uscita. La flessibilità funziona purché sia sostenibile e appetibile per i pensionati.
Come è possibile trovare questo equilibrio?
La flessibilità è un’opportunità che consente dei risparmi e delle scelte di vita che possono anche essere interessanti per molte persone. Questo soprattutto in una società che vede sempre di più un impiego della popolazione anziana, spesso anche semplicemente nel volontariato o nel terzo settore.
In che modo è possibile coniugare la flessibilità con il fatto che le aspettative di vita degli italiani sono sempre più elevate?
Il terzo pilastro del sistema pensionistico deve essere preso più sul serio. Se ci fosse una previdenza complementare in grado di garantire la possibilità di un sostegno economico anche in età avanzata sicuramente ci sarebbe più serenità da parte di tutti nei confronti della progressiva riduzione delle prestazioni previdenziali pubbliche. La previdenza complementare è fondamentale, se le si dà più spazio anche la flessibilità ne sarà assolutamente avvantaggiata. Finché possiamo contare esclusivamente sulla previdenza pubblica, poiché le nostre pensioni sono obiettivamente molto basse è difficile pensare di poterle ridurre ulteriormente.
Alberto Brambilla, ex sottosegretario al Welfare, ha detto che al ministero “avevamo immaginato che per il 2012-2015 avremmo avuto 10 milioni di iscritti alla previdenza complementare” che però non è partita, risparmiando così sull’esenzione dalle imposte. Quei soldi possono essere usati per la flessibilità?
Se ci sono delle risorse reali che possono essere sbloccate ben vengano. Se davvero sono soldi idonei a garantire questo intervento di flessibilità penso che sarebbero ben utilizzati. Dubito però che le risorse siano sufficienti.
Il Tfr in busta paga non va proprio nella direzione opposta rispetto alla valorizzazione della previdenza complementare?
Certamente il Tfr in busta paga dà un segnale contrario, ma non impedisce comunque di destinarlo alla previdenza complementare. Una volta incassato il Tfr, il lavoratore può metterlo in un fondo di previdenza integrativa individuale.
Di che cosa ha bisogno il nostro sistema previdenziale?
Occorre una grande operazione culturale. La previdenza complementare è un’esigenza imprescindibile per chi fa una pianificazione intelligente del proprio futuro. Vanno quindi informati i cittadini sulle opportunità e sull’importanza di questo strumento.
A chi spetta questo compito di informare i cittadini?
È un’operazione che spetta a tutte le parti coinvolte, quali governo, sindacati e media. Ciò che occorre è una campagna di buona informazione su questi temi che molto spesso sono trascurati.
Nell’ottica di un lavoratore con uno stipendio medio-basso, perché la previdenza complementare è un’opportunità?
Gli italiani risparmiano tutto quello che riescono a trattenere dalle spese correnti. In Italia c’è una forte quota di risparmio privato, che però spesso è investito male e con rendimenti bassissimi, di gran lunga inferiori a quelli che potrebbero dare i fondi di previdenza. Anziché tenere i soldi in banca, sotto il materasso o in Bot che rendono lo zero virgola, è meglio preoccuparsi del proprio futuro.
Sono più convenienti i fondi di previdenza o azioni e obbligazioni?
Quello in azioni è un investimento adatto a chi ha una propensione al rischio elevata. L’investimento in fondi di previdenza garantisce dei rendimenti che non sono tipici dei fondi speculativi, ma che sono costanti. In media i rendimenti dei fondi pensione sono superiori ad altre forme di investimento che fanno i privati individualmente, e certamente sono sicuri sotto il profilo del rischio.
(Pietro Vernizzi)