«Dal 2012 a oggi la riforma Fornero ha ottenuto risparmi pari a 67 miliardi, ma le coperture per abrogarla sono pari a 47/48 miliardi. Quindi la legge voluta dal governo Monti ha creato molti più disastri di quanti ne ha risolti». È il ragionamento di Walter Rizzetto, vicepresidente della commissione Lavoro alla Camera dei deputati ed ex esponente del Movimento 5 Stelle. Nei giorni scorsi il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, aveva parlato delle persone che hanno perso il lavoro ma non hanno ancora i requisiti per accedere alla pensione, e aveva aggiunto: “Credo che qui uno strumento flessibile che aiuti queste persone a raggiungere i requisiti bisognerà sicuramente produrlo perché diversamente avremo un problema sociale”.



In che modo è possibile intervenire sul nostro sistema previdenziale?

Dopo la riforma Fornero le pensioni sono uno dei temi o il tema più importante in Italia. Occorre controllare gli emolumenti versati per quanto riguarda il sistema retributivo che finora ha creato soltanto storture. Ricordiamoci che in Italia non è mai stata abrogata la legge Mosca, che ha garantito pensioni a 400mila italiani, perlopiù dipendenti di partiti politici e sindacati che non avevano mai versato un euro di contributi.



In che modo è possibile intervenire sul retributivo?

Le storture ci sono, vanno applicati dei controlli ferrei. Spero che il nuovo presidente dell’Inps, Tito Boeri, inauguri un nuovo percorso. In una prima fase comunque mi limiterei a fare delle verifiche, facendo un ragionamento sulle pensioni molto alte. Personalmente inoltre ho presentato una mozione relativa alle pensioni superiori ai 90mila euro l’anno, una soglia oltre la quale il nostro sistema non prevede nessuna distinzione di aliquota neanche se uno riceve 250 o 300mila euro.

Lei è vicepresidente della commissione Lavoro alla Camera. Che cosa ne pensa delle proposte del presiedente Damiano?



Le trovo quantomeno discutibili sia sulla flessibilità in entrata, sia soprattutto su quella in uscita. Quanti hanno lavorato per 35-40 anni non devono accettare che la loro pensione sia decurtata solo per fare un piacere allo Stato italiano che così riesce a risparmiare. Con l’onorevole Cesare Damiano mi vedo e discuto quasi tutti i giorni. Non nego che il presidente della commissione abbia il desiderio di mettere a posto le cose, ma probabilmente ci vorrebbe qualche idea un po’ più innovativa.

Lei quindi è contrario alla flessibilità?

Non dico questo. Ciò che non condivido è che attraverso la flessibilità in uscita si invoglino persone che hanno già 35 anni di contributi alle spalle ad andare in pensione due o tre anni prima, per poi pentirsene perché si troveranno con un assegno decurtato di 150, 200 o persino 300 euro al mese. Il sistema pensionistico italiano ormai è allo stremo delle sue forze e non riesce più a garantire pensioni dignitose di un certo livello.

 

Quale dovrebbe essere la priorità?

La priorità è aiutare chi vive con una pensione minima, perché è del tutto evidente che con 486 euro al mese non si campa in modo dignitoso. Dopo di che potremo parlare anche di flessibilità in uscita.

 

Quali delle diverse proposte sul tavolo predilige?

La mia proposta è quella di creare un sistema di mobilità all’interno del mercato del lavoro per cui oltre una certa età si continua a lavorare part-time. In questo modo si consente l’assunzione di giovani o anche meno giovani che andranno a sostituire il lavoratore anziano quando questo andrà in pensione. Ricordiamoci che in Italia non si va in pensione prima dei 66/67 anni. Ciò che è indispensabile è che il ministro Poletti vada a incidere pesantemente sulla riforma Fornero.

 

In che modo è possibile incidere sulla legge Fornero?

Abrogandola, proponendo una controriforma e trovando le coperture necessarie.

 

In questo modo non si ritornerebbe in parte al sistema retributivo che prima criticava?

Bisognerebbe vedere quale sarebbe la “controriforma” che andrebbe a sostituire la legge Fornero. Dal 2012 a oggi la riforma voluta dal governo Monti ha ottenuto risparmi pari a 67 miliardi, ma le coperture per abrogarla sarebbero pari a 47/48 miliardi, come certificato da Ragioneria di Stato e Inps e previsto dalla proposta di legge 224 presentata dalle minoranze per abrogare la legge stessa. Questa somma, necessaria a “bonificare” tutte le situazioni drammatiche create dalla riforma Fornero, dà la cifra di quanto poco questa legge abbia effettivamente migliorato la situazione dei conti pubblici.

 

(Pietro Vernizzi)