“Oggi è una giornata storica, non pensavo di farcela in un anno. Mentre rottamiamo e superiamo un certo modello di diritto del lavoro, noi superiamo i co.co.co. e i co.co.pro.”. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, presentando i decreti attuativi del Jobs Act approvati dal Consiglio dei ministri. Il premier ha quindi aggiunto: “Per la prima volta c’è una generazione che può vedere la politica far la guerra non ai precari ma al precariato”. Ne abbiamo parlato con Giuliano Cazzola, ex vicepresidente della commissione Lavoro alla Camera dei deputati.



Che cosa ne pensa dell’abolizione dei contratti a progetto?

I contratti a progetto in corso restano in vigore, salvo essere sottoposti a una verifica fino alla scadenza. Dal 2016 non se ne faranno più di nuovi, né si rinnoveranno quelli vecchi, salvo in alcuni settori particolari come le ricerche di mercato e i call center. I punti interrogativi sono tanti, perché i co.co.pro. sono 500mila. Quindi mi sembra molto avventuroso pensare di liquidare la partita dicendo che una gran parte di questi diventeranno lavoratori a tempo indeterminato.



Da quale altra forma contrattuale saranno sostituiti?

Secondo me, la maggior parte non sarà sostituita da nessun contratto. Alcuni diventeranno partite Iva, entrando quindi nel campo del lavoro autonomo. Altri saranno assunti a tempo indeterminato, ma secondo me saranno pochi. I restanti probabilmente perderanno il lavoro.

Renzi ha detto che “per la prima volta c’è una generazione che può vedere la politica far la guerra non ai precari ma al precariato”. È veramente così?

Il governo oggi ha presentato solo due decreti delegati, che riguardano il contratto a tempo indeterminato e gli ammortizzatori sociali. Per quanto riguarda i co.co.pro. noi ci troviamo in presenza di schemi di decreti delegati, che potranno in seguito essere aggiustati con i pareri delle commissioni parlamentari.



Ma sul piano della lotta al precariato sono efficaci?

La lotta al precariato non può essere portata avanti con la scure. Il punto non è abolire forme contrattuali che peraltro esistono in tutti i Paesi. Non si può forzare per decreto un datore di lavoro ad assumere.

Il premier ha aggiunto che sono norme destinate ad aumentare “la flessibilità in entrata e le tutele in uscita”. Ma non ha abolito l’articolo 18?

Il punto è che alcuni co.co.pro. che hanno un livello di reddito più basso sono in qualche modo equiparati ai lavoratori subordinati. Questa parte di co.co.pro. avrà una tutela contro il licenziamento che oggi non aveva, anche se si tratta della tutela di nuovo conio rispetto a cui la reintegra è prevista soltanto per il licenziamento discriminatorio e, in quello disciplinare, nel caso di insussistenza del fatto materiale. Per quelli che sono equiparati ai lavoratori dipendenti ci saranno indubbiamente più tutele.

 

Nel complesso come cambia il mondo del lavoro con questi decreti attuativi del Jobs Act?

Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti è nel complesso un provvedimento positivo, in quanto in caso di licenziamento la normalità diventa il licenziamento economico, mentre la reintegra diventa un dato eccezionale. Per quanto riguarda le altre forme contrattuali, che oggi sono ancora nella fase dello schema, occorre evitare un errore ideologico: pensare che le forme flessibili nascano in vista di un contratto a tempo indeterminato molto rigido in uscita. È vero che sono state usate così, ma Marco Biagi pensava che le forme flessibili servissero a regolare rapporti specifici.

 

(Pietro Vernizzi)

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