«L’abolizione della reintegra prevista dall’articolo 18 e gli incentivi fiscali rendono particolarmente conveniente per un’azienda la trasformazione dei contratti a progetto in contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti». Lo evidenzia Tiziano Treu, ex ministro del Lavoro ed ex commissario straordinario dell’Inps, dopo che venerdì il consiglio dei ministri ha dato l’ok definitivo ai primi decreti attuativi della riforma del lavoro, abolendo tra l’altro i contratti a progetto. Come spiega Treu, il solo “effetto-annuncio” del Jobs Act ha già provocato un aumento significativo delle assunzioni a tempo indeterminato.
Che cosa cambia in concreto con questi decreti attuativi?
I decreti attuativi su articolo 18, tutele crescenti e ammortizzatori sociali sostanzialmente confermano quello che si sapeva già. Il decreto sulla semplificazione delle tipologie contrattuali rappresenta una novità molto importante e va guardato con grande attenzione. L’aspetto più reclamizzato è il superamento dei contratti a progetto, ma c’è anche un rimescolamento profondo di tutte le tipologie contrattuali esistenti.
In che modo sono rimodulate queste tipologie?
Alcune sono superate, come le associazioni di partecipazione e il job sharing, altre sono riviste come l’apprendistato e il tempo parziale, e altre ancora sono confermate come il contratto a termine. Il contratto a tempo indeterminato è reso meno costoso dal punto di vista fiscale. Una parte dei vecchi contratti a progetto sono inoltre convertiti non sulla base di un obbligo legale per il datore di lavoro, ma grazie al fatto che i contratti a tempo indeterminato sono resi più convenienti attraverso gli incentivi. Secondo informazioni dell’Assolombarda, già a Milano c’è un aumento significativo dei contratti a tempo indeterminato proprio in vista di queste modifiche. È quindi un’operazione molto importante e positiva.
Può spiegare meglio il nesso tra Jobs Act e aumento delle assunzioni?
Le assunzioni a tempo indeterminato sono più convenienti innanzitutto dal punto di vista economico, in quanto 8mila euro di agevolazioni fanno sì che costino meno di quelli a termine. Il fatto inoltre di poter licenziare grazie all’abolizione della reintegra cancella una possibile remora delle imprese ad assumere.
Che cosa ne pensa invece dell’abolizione dei contratti a progetto?
Rendendo più conveniente il contratto a tutele crescenti, una parte dei co.co.pro. che erano molto vicini a un lavoro subordinato saranno di fatto assorbiti perché le aziende riterranno più conveniente farlo. Si ridefinisce inoltre l’ambito del lavoro dipendente, in modo che questa fattispecie sia più ampia. La subordinazione non è più determinata secondo il criterio storico dell’eterodirezione, bensì secondo quello più ampio dell’etero-organizzazione. Un lavoratore può essere anche molto autonomo perché non prende ordini, ma è dipendente nella misura in cui è organizzato secondo i tempi e i modi che tornano utili all’impresa.
Renzi ha detto: “Sono circa 200mila i nostri connazionali che passeranno dai co.co.co. vari a un lavoro a tempo indeterminato”. Non è una previsione un po’ troppo ottimistica?
Non tutti diventeranno contratti a tempo indeterminato, ma una buona parte sì. Lo stesso testo del decreto fa un esplicito riferimento ai contratti collettivi. I co.co.pro. possono essere pilotati in contratti a tutele crescenti o, se sono genuini, mantenersi all’interno di questa tipologia. Va inoltre sottolineato che sono aboliti i contratti a progetto, ma restano i contratti di collaborazione (co.co.co.).
Sempre per il premier, queste norme sono destinate ad aumentare “la flessibilità in entrata e le tutele in uscita”. Non è in contraddizione con l’abolizione della reintegra?
È una frase che va letta attentamente, in quanto subito dopo Renzi ha aggiunto che “chi è licenziato non sarà più lasciato solo”. Sono cioè aumentati gli ammortizzatori sociali, e quindi il lavoratore licenziato avrà un contratto di ricollocazione. Una tutela da questo punto di vista sarà maggiore, perché la nuova Aspi è più lunga e più estesa per quanto riguarda i precari. Se poi arrivasse un futuro decreto sulle politiche attive, il ciclo sarà compiuto. Ai disoccupati non basta offrire ammortizzatori e contratto di ricollocazione, bisogna che ci siano dei servizi pubblici e privati che li aiutino a ricollocarsi.
(Pietro Vernizzi)