Se gli esodati spingono, come abbiamo detto, per un nuovo intervento di salvaguardia, per il momento palazzo Chigi nicchia, conscio che occorre trovare delle risorse per finanziare ogni provvedimento in materia. Intanto Sacconi, presidente della commissione Lavoro del Senato, ha dato incarico a una commissione coordinata da Annamaria Parente (Pd) di censire l’eventuale esistenza di altri esodati non compresi nei decreti di salvaguardia approvati negli ultimi anni. In seguito a un ordine del giorno di Pietro Ichino, è stato predisposto un modulo che verrà pubblicato sul sito del Senato nelle prossime settimane. Chi ha perso il lavoro in seguito a un accordo con l’azienda prima della riforma Fornero potrà renderlo noto allegando l’atto di scioglimento del rapporto di lavoro.



Di esodati, nonostante siano passati più di tre anni dalla riforma Fornero e ci siano stati 6 provvedimenti di salvaguardia, ce ne sono ancora. La rete dei comitati degli esodati contano almeno 49.500 persone che rischiano l’indigenza e hanno quindi deciso di scrivere al ministro dell’Economia Padoan, chiedendo che i fondi della tassazione per il rientro dei capitali dalla Svizzera siano utilizzati per garantire una salvaguardia a queste persone. La rete ricorda che tale destinazione era stata promessa a una sua delegazione dalla segreteria economica del Pd nel corso di un recente incontro.



Approvati i punti fondamentali del Jobs Act, è molto probabile che ora l’azione di Governo e Parlamento si concentrerà sulla riforma delle pensioni. Ancora ieri, infatti, il ministro Poletti ha ribadito l’urgenza di prevedere una qualche forma di flessibilità nel sistema previdenziale, che converrebbe anche alle imprese, che così potrebbero “liberarsi” di personale meno efficiente. Oltre alle note proposte di Damiano, anche Ncd sembra aver pronte due proposte. La prima prevede degli incentivi alle aziende al fine di integrare i contribuiti previdenziali del lavoratore in caso di prepensionamento. La seconda mira invece a rendere più conveniente il riscatto della laurea, che significa poter avere (almeno) quattro anni di contributi in più. Il Presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, avrebbe già presentato a Poletti queste proposte. Ora non resta che vedere cosa accadrà, anche perché il ministro non potrà fare grossi interventi: la necessità di coperture finanziarie resta l’ostacolo principale, soprattutto visto che ancora i fari di Bruxelles sono puntati sui conti pubblici italiani.

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