Ricalcolare le pensioni sopra una certa cifra con il metodo contributivo secco è una delle ipotesi per ricavare risorse magari utili ad aumentare gli assegni più bassi, una sorta di “redistribuzione” tra pensionati. Nicola Salerno, di Reforming.it, spiega che questa operazione di ricalcolo non sarebbe macchinosa, dato che già di per sé nella riforma Dini del 1995 ci sarebbero le indicazioni per farla. Salerno chiede quindi che l’Inps svolga questo calcolo su tutta la platea di pensionati e di pensionandi e ne dia pubblica diffusione in forma anonima (nascondendo nome e cognome dei titolari). In questo modo sarebbero chiare le cifre in gioco nel dibattito.
Mentre l’Inps attende ancora di sapere dal ministero del Lavoro se accettare o meno le domande per Opzione donna presentate dopo il 31 dicembre 2014, alla fine di questa settimana si chiuderanno le adesione per la class action organizzata dal Comitato Opzione donna, molto attivo su Facebook. C’è tempo, infatti, fino al 15 marzo per partecipare all’azione collettiva contro l’Inps, su cui dovrà poi pronunciarsi il Tar del Lazio. Cliccando qui è possibile trovare le informazioni per aderire. Secondo i promotori, una pronuncia del Tribunale amministrativo potrebbe arrivare già entro l’estate. Ricordiamo che l’Opzione donna consente di andare in pensione a 57 anni e 3 mesi (58 anni e 3 mesi per le lavoratrici autonome) e con 35 anni di contributi con un assegno totalmente calcolato con il metodo contributivo. Cosa che mediamente si traduce in una decurtazione del 25-30%. Ricordiamo inoltre che, a causa della finestra mobile di un anno, sulla facoltà introdotta in via sperimentale dal Governo Berlusconi nel 2004 si è aperta la diatriba relativa alla scadenza dei termini entro cui accettare le domande (il 31 dicembre 2014 o il 31 dicembre 2015?). Questione su cui, come detto, l’Inps attende istruzioni da parte del Governo.
Per alcuni opinionisti ed esperti, l’Opzione donna non solo merita di essere estesa nel tempo, ma dovrebbe essere in qualche modo contemplata anche per gli uomini. Infatti, grazie alla decurtazione piuttosto ampia è in qualche modo in grado di “auto-finanziarsi” o almeno di non comportare un forte impatto sui conti pubblici. Proprio per questo viene indicata come modello (nel caso con qualche modifica sui requisiti minimi) per l’introduzione della flessibilità nel sistema pensionistico promesso dal ministro Poletti pochi giorni fa.