“Per l’Ue se si consentono i pensionamenti anticipati risalta solo l’aumento immediato della spesa, ma non il fatto che poi si risparmierà perché l’importo della pensione sarà più basso. Bisogna battersi in Europa per arrivare a una valutazione intertemporale del bilancio”. Sono le parole del presidente Inps, Tito Boeri, che segnalano come il dibattito sulla flessibilità pensionistica in Italia continui a essere di grande attualità. In questo momento le principali proposte sul tavolo sono principalmente due: il ddl Damiano per introdurre la flessibilità e il prestito pensionistico. C’è anche però chi ipotizza di usare l’Opzione donna, estesa anche agli uomini, che si basa su un pensionamento anticipato reso possibile da un ricalcolo totale dell’assegno con il metodo contributivo. Ne abbiamo parlato con Mario Seminerio, economista e autore del blog Phastidio.net.
Condivide il disegno di legge di Cesare Damiano?
La proposta Damiano comporta rilevanti oneri sul piano dell’equilibrio del valore attuale delle passività pensionistiche. La penalizzazione comunque è molto bassa, quindi alla fine si scoprirebbe che il debito pensionistico si gonfia con il passare degli anni. Se consideriamo il numero degli esodati e di quelli che diventeranno esodati nei prossimi anni, rischiamo di mandare i conti ancora una volta fuori controllo.
Che cosa ne pensa invece della proposta di un prestito pensionistico?
In questo caso l’impatto sui conti pubblici sarebbe neutrale nel lungo periodo, ma nel breve determina comunque un aumento degli esborsi, esattamente come l’estensione dell’Opzione donna per gli uomini. Serve dunque una revisione delle regole europee sui conti relativi al sistema pensionistico. Invece di andare a vedere l’esborso di cassa anno per anno, va preso in considerazione il valore attuale delle passività pensionistiche. Finché l’Ue non arriverà a rivedere tutto ciò, c’è un forte rischio di non riuscire ad attuare nessuna riforma del welfare.
Quali sono le differenze tra prestito pensionistico e Opzione donna?
Il prestito pensionistico sarebbe abbastanza macchinoso rispetto alla generalizzazione dell’Opzione donna. A livello di opinione pubblica qualcuno potrebbe anche contestare il fatto che un contribuente debba chiedere un prestito per avere ciò che è suo. Rispetto al ddl Damiano, le altre due soluzioni hanno il vantaggio di non essere onerose. Si determina infatti un esborso nel breve termine, ma diventa neutrale nel medio-lungo termine. Si potrebbe però anche valutare uno spostamento al sistema contributivo ricalcolato. Ai fini dell’assegno pensionistico è molto meglio il prestito anziché il contributivo, perché alla fine uno evita di rimetterci un 25-30%. Vediamo come evolverà questa situazione. Ci serve comunque la collaborazione dell’Ue sulla contabilità pubblica.
Un taglio dell’assegno abbasserebbe il valore medio delle pensioni. Questo fatto sarebbe privo di problemi?
Assolutamente no, questa è una criticità che riconosco. Una delle strade percorribili consiste nell’introdurre un sistema di penalizzazioni, facendo figurare che sono su base strettamente volontaria, e alla fine recuperando risorse sul piano fiscale da destinare altrove, per esempio al welfare. Ci sarà quindi un ampio dibattito. La reintroduzione delle quote, come propone la Cisl, o il ddl Damiano, con quei valori di penalità, ci portano dritti a un aumento della spesa e delle passività pensionistiche nel medio-lungo termine. È una cosa che non possiamo permetterci.
Quale equilibrio va trovato tra la necessità di mandare prima in pensione gli anziani per dare lavoro ai giovani e l’esigenza di risparmiare sulla previdenza?
Questo equilibrio non esiste. Continuare a credere che mandare in pensione in lavoratori anziani determini automaticamente un ingresso dei giovani è una pia illusione. In secondo luogo, in tutti i paesi sviluppati i cosiddetti “anziani” restano al lavoro più a lungo. Non condivido la “pulsione” tutta italiana ai pre-pensionamenti.
(Pietro Vernizzi)