Per quanto si possa discutere sulle proposte che arrivano da Maurizio Landini, indubbiamente il Segretario Generale della Fiom – nonostante il flop Fiat – è da tempo l’unica voce sindacale a sollevare alcune delle vere questioni che animano il suo mondo. In particolare, negli ultimi mesi, Landini ha richiamato l’attenzione su due cose: 1) la necessità di una coalizione sociale che allarghi la rappresentanza in particolare a chi – dall’introduzione del lavoro flessibile (1997, legge Treu) – è strutturalmente escluso; 2) il rischio della fine del sindacato confederale. È, infatti, proprio di pochi giorni fa la sua dichiarazione “vedo la prospettiva della fine del sindacato confederale”. Si tratta di una questione molto importante e da curare con molta attenzione, più volte rimarcata su queste pagine da chi scrive.



Sabato scorso, inoltre, Landini ha riunito diversi soggetti associativi nella sede nazionale del suo sindacato, per provare “a costruire una coalizione sociale” con il tentativo di “unire tutto quello che il Governo sta dividendo” e per contrastare la coalizione Governo-Confindustria. Landini vuole costruire un’alternativa alle politiche dell’esecutivo Renzi. La riunione a porte chiuse ha visto la partecipazione di diverse associazioni tra cui Emergency, Arci, Libera e Articolo 21. Presenti anche rappresentanti di alcune categorie professionali come avvocati, farmacisti e dottorandi di ricerca. Tutti i partecipanti sono stati convocati da Landini presso la sede nazionale della Fiom con una lettera di invito nella quale si chiede di dare forma a dei “punti di programma condivisi nello spazio nazionale” che muovano da una certezza indiscutibile: “La politica non è una proprietà privata”. Per ora Landini tiene lontana l’ipotesi di una nuova formazione politica. E a chi gli chiede se nascerà una Podemos italiana, Landini parla di un movimento che poggerà sui principi della giustizia sociale, della libertà e dei diritti del lavoro.



Landini ha grandi praterie davanti a sé, sia sul fronte sindacale che politico. Se gli riesce di creare un consenso organizzato attorno alla Fiom – e chi scrive crede che Landini ce la farà – avrà solo l’imbarazzo della scelta: se rompere col livello confederale del sindacato, e dar vita così a una nuova formazione sindacale, o se impegnare la sua coalizione in politica. Quello che è davvero strano è che sia in ambito sindacale che politico le organizzazioni siano talmente immobili da lasciare tutto questo spazio al segretario della Fiom.

Non c’è dubbio che sia uno spazio da lungo inoccupato: da troppo tempo il sindacato ignora i veri problemi del lavoro; la politica, solo dopo la svolta centrista di Renzi, si sta interrogando circa una nuova proposta di sinistra, che manca a questo Paese da almeno 20 anni. C’è da dire che la Cisl sta lavorando in silenzio. E non c’è dubbio che una nuova proposta sindacale, che il sindacato di Annamaria Furlan sta preparando, potrà creare scompiglio tra le parti.



Landini è molto acuto e uomo di intuizioni importanti. È però legato a logiche molto conflittuali. Perché in Italia non si riesce a costruire un dialogo sociale tra le forze politiche e sindacali che poggi sulla partecipazione e non sul conflitto?

 

In collaborazione con www.think-in.it

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