Un gruppo di parlamentari coordinati da Annamaria Parente (Pd) sta censendo il numero di esodati che non sono ancora stati coperti dalle sei salvaguardie adottate finora. Il progetto è nato su iniziativa di Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro a Palazzo Madama, che ha lanciato l’idea di un modulo che sarà pubblicato nelle prossime settimane sul sito web del Senato. Chiunque è rimasto senza occupazione per un accordo con la sua azienda, precedente all’entrata in vigore della riforma Fornero, potrà partecipare al censimento allegando il documento relativo allo scioglimento del rapporto di lavoro. Il tema degli esodati è strettamente legato a un’altra questione all’ordine del giorno, quella sulla flessibilità pensionistica. Il presidente dell’Inps, Tito Boeri ha parlato della possibilità di consentire l’uscita anticipata dal lavoro con pensioni più basse. “Dal lato della previdenza – ha affermato l’economista – è chiaro che, usando il calcolo contributivo, si potrebbero introdurre forme di flessibilità”. Abbiamo parlato di tutti questi temi insieme all’onorevole Parente.



Da dove nasce l’idea di censire gli esodati non ancora salvaguardati?

Nasce dalle richieste, lettere ed e-mail che ci scrivono diversi cittadini. È un’esigenza molto concreta e che nasce dal basso perché ci scrivono in tanti.

Quali sono i vostri obiettivi?

Il gruppo di lavoro che presiedo nella commissione Senato si pone tre obiettivi. Il primo è un censimento per capire se occorrano degli interventi legislativi per salvaguardare ulteriori categorie. Se così non fosse, il secondo obiettivo sarebbe quello di aiutare i casi individuali, che non rientrano nelle categorie dei salvaguardati ma che si trovano in situazioni particolarissime. Il terzo obiettivo è affrontare il tema di come agevolare l’uscita dal lavoro delle persone vicine alla pensione.



Quale numero di esodati prevedete di avere?

Facciamo il censimento proprio per rispondere a questa domanda. Abbiamo preparato un questionario per capire se quanti ci scrivono appartengono effettivamente alla categoria dei pensionati, se sono necessari altri interventi legislativi o se ci sono situazioni che possiamo anche segnalare all’Inps per una possibile risoluzione in quanto casi individuali. Se attraverso il censimento dovesse emergere che non ci sono più categorie da salvaguardare ma solo casi singoli, a quel punto nella commissione Lavoro del Senato potremo pensare di fare proposte sulla flessibilità in uscita per chi si trova vicino al pensionamento.

Quali altri elementi restano da chiarire?

C’è un’incertezza relativa agli accordi individuali che sono stati fatti. Se è vero che abbiamo salvaguardato tutte le categorie, rimangono infatti soltanto delle situazioni singole. Per esempio, un lavoratore può essere nato mezz’ora prima del primo gennaio dell’anno da cui partono le salvaguardie. Oppure le persone che ci scrivono possono non essere assimilabili ai salvaguardati.

Per il presidente dell’Inps Boeri è necessario tornare a parlare di flessibilità. Lei che cosa ne pensa?

Se lei mi chiede se vada cambiata la struttura della legge Fornero, la mia risposta è no. Ciò che va fatto è immettere degli elementi di flessibilità in uscita dalla pensione per venire incontro a esigenze particolari. Occorrono cioè alcuni correttivi alla legge Fornero per agevolare una maggiore flessibilità in uscita, anche perché il mondo del lavoro è eccessivamente invecchiato.

 

Quindi esodati e flessibilità sono due temi strettamente legati tra loro?

Sì. Il censimento servirà anche per capire come, sulla base di una scaletta di penalizzazioni, possiamo aiutare le persone cui mancano pochissimi anni alla pensione a ritirarsi un po’ prima dal lavoro. Utilizzeremo il chiarimento sul numero degli esodati anche per ragionare su forme di uscita anticipata dal lavoro. Non è escluso che al termine di questo percorso la commissione del Senato faccia delle proposte relative alla flessibilità in uscita.

 

Per il ministro Poletti, “la flessibilità conviene innanzitutto alle aziende”. È davvero così?

Sì. Le imprese lamentano il fatto che ci sono pochi giovani al lavoro. Pensiamo a tutte le aziende ad altissimo contenuto tecnologico, che hanno la necessità di rinnovare il personale. Negli ultimi cinque anni in Italia sono diminuiti i giovani che lavorano, con la conseguenza che la forza-lavoro è invecchiata.

 

(Pietro Vernizzi)