Nel mese di febbraio si registra una diminuzione del numero degli occupati pari a 44mila unità e allo 0,2%. Un’inversione di tendenza dopo i dati positivi di dicembre e di gennaio, che avevano fatto gridare all’”effetto Jobs Act”. Il tasso di occupazione cala dello 0,1% e raggiunge il 55,7%. Rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, l’occupazione cresce invece dello 0,4%, con la creazione di 93mila nuovi posti di lavoro. Lunedì il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha annunciato che gli 1,9 miliardi stanziati per gli sgravi alle assunzioni creeranno un milione di nuovi posti di lavoro. Nel frattempo però Il Sole 24 Ore rivela che, se è vero che confrontando i primi due mesi del 2015 e del 2014, le attivazioni di nuovi posti di lavoro sono cresciute da 1 milione e 228.058 a un milione e 382.978, anche le cessazioni sono cresciute passando da 848.805 a 924.340. Ne abbiamo parlato con l’europarlamentare Sergio Cofferati, ex segretario della Cgil ed ex sindaco di Bologna.
Il ministro Poletti ha annunciato che creerà un milione di nuovi posti di lavoro. Lei che cosa ne pensa?
Quello da parte del governo è un uso smodato della demagogia, quando invece servirebbe molta pacatezza e altrettanto realismo. Come dimostrano i numeri, la crisi è tutt’altro che finita, e continua a danneggiare pesantemente i soggetti più deboli quali giovani e donne. Fare previsioni sugli effetti del Jobs Act è del tutto arbitrario, anche perché i nuovi posti di lavoro si creano soltanto con lo sviluppo e la crescita e non certo con la precarizzazione e la riduzione di diritti introdotta dal Jobs Act.
Per Il Sole 24 Ore i nuovi posti di lavoro creati grazie al Jobs Act sono stati compensati da un aumento delle cessazioni. Lei che cosa ne pensa?
Come ci fanno capire i dati Istat, non sono nuovi posti ma in larga parte sostituzioni prodotte dagli incentivi fiscali. Cambia la modalità del lavoro, ma non si tratta di un effettivo aumento delle assunzioni. Per creare un nuovo posto di lavoro è necessario avere una crescita economica intorno al 2% e l’Italia è lontana da queste dimensioni.
Stiamo drogando il mercato del lavoro con gli incentivi senza creare una crescita dell’occupazione?
Ci sono effetti di rimbalzo prodotti dai vantaggi fiscali per le imprese, che non sono però presentabili come effetti della crescita. Anche una crescita contenuta in ogni caso non determinerà nuova occupazione in maniera visibile e consistente.
Il Jobs Act ha creato quantomeno una stabilizzazione di lavori precari?
Il contratto a tutele crescenti consente l’interruzione del rapporto di lavoro in qualunque momento. Non può quindi essere considerato come una norma che stabilizza.
Ma non era stata presentata come una misura contro il precariato?
Tutto si può dire, tranne che sia una misura destinata a stabilizzare.
Qual era la riforma del lavoro di cui aveva bisogno l’Italia?
Andava esteso lo Statuto dei lavoratori, modulandolo alla parte di lavoro che ne era sprovvista. Quindi alle aziende con meno di 15 dipendenti e in genere a chi non aveva la protezione del caso.
Che cosa deve fare il governo italiano per cogliere le opportunità legate al Quantitative easing della Bce?
Promuovere investimenti, soprattutto in innovazione e ricerca, per creare le condizioni di base per uno sviluppo che duri nel tempo. Di questo purtroppo non c’è traccia.
Che cosa ne pensa della manifestazione di Landini a Roma?
È stata una bella manifestazione sindacale.
È l’inizio di un nuovo soggetto politico?
No.
(Pietro Vernizzi)