Siamo ormai a una settimana dall’inaugurazione dell’Expo. Ci avviciniamo a questa data con poche certezze e molte perplessità. Riassumo brevemente i dubbi, le criticità che stanno accompagnando questo momento. Sicuramente l’incognita più grande, alimentata dai fatti di cronaca delle ultime settimane, riguarda il tema della sicurezza. L’altro grande tema è riferito alle opere, le infrastrutture, i padiglioni stessi: sarà tutto pronto per l’inaugurazione? Saranno adeguati i servizi predisposti per la viabilità, l’accoglienza e il ristoro dei milioni di visitatori previsti? E infine la legalità, partendo dalle infiltrazioni malavitose all’interno degli appalti, arrivando agli aspetti normativi e contrattuali dei rapporti di lavoro che verranno avviati per Expo: dall’utilizzo improprio dello stage al dumping contrattuale che i paesi stessi potranno realizzare all’interno dei loro padiglioni, fino al rispetto dei protocolli sottoscritti.



I dubbi sono molti e la domanda che risuona ormai da diversi mesi “ma l’Italia ce la farà?” sembra essere diventata più una condanna che una provocazione. Non so se l’Italia, inteso come sistema-Paese, riuscirà a sfruttare questa occasione. Spero invece che gli italiani, noi giovani, le nostre imprese, colgano questa opportunità. Perché al di là dell’adeguatezza o meno del nostro Paese nel predisporre e organizzare questo evento (e quanto a esso connesso), permane la certezza di considerare l’Expo un’occasione irripetibile.



Avremo per sei mesi il mondo a Milano, dove si incontreranno culture provenienti da ogni parte della Terra, per affrontare un tema importantissimo come quello dell’alimentazione. Non vorrei che, concentrandoci sempre sulle cose che non vanno (mestiere assolutamente necessario) perdessimo di vista gli elementi di positività.

Il rischio, così, diventa quello di considerare in fondo l’Expo “inutile”. Un rischio più grave se pensiamo ai giovani e alla domanda che molti di loro, specie in un momento difficile come quello attuale, possono avere su questo evento: “Può servire per trovare un lavoro?”.



Credo fortemente che un giovane disoccupato, oppure un liceale o uno studente universitario, quanto meno debba candidarsi come volontario, se non riesce a trovare un lavoro retribuito in Expo.

Svolgere un’esperienza in questo ambito apre, spalanca gli occhi e la testa. Può essere veramente un’opportunità formativa eccezionale, non solo per gli studenti di gastronomia, agraria e attività turistiche, ma per tutti. Le cosiddette soft skills, tanto ricercate nell’ambito aziendale, in tutti i contesti produttivi, possono essere incrementate e sviluppate in un contesto di condivisione culturale del genere. Questo deve essere chiaro anche di fronte alla notizia che leggiamo in queste ore di contratti di lavoro per Expo rifiutati da molti giovani (anche se va precisato che lo stipendio rifiutato netto è di circa 550 euro, e non 1.300-1.500, dato che la stragrande maggioranza delle offerte è a part-time, con Ccnl “non virtuosi”).

Io non credo che un’esperienza, anche da volontario in Expo, non abbia nessun valore o “non faccia curriculum”. Credo che un’azienda valuti positivamente il fatto che un ragazzo piuttosto che stare a casa ad aspettare il lavoro che verrà a bussargli alla porta, si attiva operosamente, ha in sé un desiderio di conoscenza, quanto meno di curiosità, di proattività.

Non so se l’Italia ce la farà, mi auguro che quanto meno i nostri giovani non perdano l’entusiasmo di avere il mondo a due passi da casa per sei mesi. Con tutti i limiti e magari anche le anomalie più o meno evidenti, Expo 2015 resta un’occasione culturale e quindi umana irripetibile, sicuramente spendibile anche in ambito occupazionale. 

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