«Adottiamo il modello svedese per favorire il reinserimento dei 50enni rimasti senza lavoro». È la proposta di Francesco Giubileo, ricercatore presso il Centro studi TopLegal e autore del libro “Una possibilità per tutti. Proposte per un nuovo welfare”, dopo che il presidente dell’Inps, Tito Boeri, in un’intervista a Repubblica ha dichiarato: “Oggi c’è un problema sociale molto serio: quello delle persone nella fascia di età 55-65 anni che una volta perso il lavoro si trovano progressivamente in condizioni di povertà. Per queste persone è ragionevole allora pensare di introdurre un reddito minimo garantito”. Per Giubileo, però, «colpire le pensioni più alte per aiutare gli over 50 senza lavoro sarebbe la soluzione eticamente più giusta, ma sarebbe bocciata dalla Consulta che la considererebbe una misura discriminatoria».



Ha ragione Boeri quando afferma che i 50enni disoccupati sono un problema sociale rilevante?

Sì, quando un over 50 perde il lavoro è molto difficile che riesca a reinserirsi. Un soggetto passa da un giorno all’altro da una situazione economica stabile a un’altra di disoccupazione senza tutele, con gravi difficoltà di ricollocamento. Si tratta quindi di una categoria molto più svantaggiata dei giovani.



Rispondendo a Boeri, la sociologa Chiara Saraceno ha proposto di estendere forme di tutela per tutte le persone senza lavoro a prescindere dall’età…

Quella della Saraceno una posizione insostenibile dal punto di vista economico, e che inoltre avrebbe un impatto sulle stesse persone che lavorano. Chi svolge un’occupazione part-time e magari guadagna 650 euro, di fronte a un sussidio da 500 euro può essere tentato di lasciare il lavoro. La conseguenza sarebbe quella di aumentare il numero di disoccupati. Non credo questo il risultato che si vuole ottenere. 

A partire da quale età ritiene che vada assegnato il reddito di cittadinanza?



La mia proposta è di assegnarlo a partire dai 50 anni di età e di ispirarci al modello svedese. Lo Stato prende in carico il disoccupato, gli offre orientamento e formazione, e se questo non basta incarica un soggetto privato di trovargli lavoro. Se anche questo tentativo fallisce, gli si assegna un reddito di base. In questo modo però la persona interessata non sta tutto il giorno a casa senza fare nulla. L’obiettivo è dare al 50enne uno strumento valido per il reinserimento sociale, e se dopo tre o quattro anni non si ottiene nessun risultato a quel punto gli si dà la tutela.

Lei è favorevole a introdurre forme di flessibilità pensionistica?

Questa è una soluzione che può andare bene non per un 50enne, ma per chi perde il lavoro a 62 o a 63 anni e gli rimangono quattro o cinque anni prima di andare in pensione. A queste persone si concede di andare in pensione in anticipo, ma anziché prendere un assegno da 1.000 euro al mese ne riceve soltanto 700 fino a quando avrà compensato il fatto di essere andato in pensione prima. In questo modo il sistema resterebbe in equilibrio, perché tante persone andrebbero prima in pensione, ma la riceverebbero molto più bassa.

Boeri ha anche ipotizzato di tassare le pensioni più alte…

La visione di Boeri, basata su un’equidistribuzione del sistema previdenziale, è corretta, ma anche molto più difficile da attuare. Andare a colpire i retributivi che non hanno pagato i corretti compensi come contributivo e il passaggio a un’eventuale riorganizzazione della loro pensione è una scelta molto impopolare. Toccherebbe infatti un quarto di tutti i pensionati, che sarebbero molto preoccupati per questo tipo di interventi. Anche se in una visione di sostenibilità della spesa previdenziale nel medio-lungo periodo, sono completamente d’accordo con Tito Boeri.

Accettando la proposta di Boeri, quali sarebbero le pensioni da colpire?

Da un punto di vista etico la soluzione migliore sarebbe colpire le pensioni d’oro, anche se la somma ricavata in questo modo sarebbe molto esigua. Perdipiù in caso di ricorso la Corte Costituzionale darebbe ragione a chi beneficia di queste pensioni perché tassare solo loro sarebbe ritenuto un intervento discriminatorio. L’assurdo del sistema italiano è che per colpire l’ex funzionario che prende 14mila euro di pensione bisogna anche togliere 5 euro alle pensioni sociali da 500 euro. Una misura che sarebbe però molto impopolare, al punto da risultare irrealizzabile.

Eppure non le sembra che certe pensioni siano dei veri e propri privilegi?

A essere in questione è il cosiddetto “principio dei diritti acquisiti”. I diritti delle vecchie generazioni sono a totale e completo svantaggio delle nuove. In questo modo in Italia si è creato un conflitto generazionale spaventoso.

(Pietro Vernizzi)