Quando hai quattro soldi dove li investi? Cosa ne fai? Vale la pena di capitalizzarli, di tenerli in banca, di spenderli per comperare quel che da tempo desideri o di cui necessitano i tuoi? Traduciamo la metafora: meglio far fruttare il “tesoretto” che il Governo ha deciso di mettere da parte dando alle aziende o meglio tagliare le tasse, spendere per le famiglie e via elencando? Non esiste una ricetta precisa, investire è rischiare e quindi una quota di azzardo c’è sempre. Ma c’è azzardo e azzardo. 



Il problema che oggi l’Italia si trova a risolvere è quello del rilancio della domanda interna, di un mercato fermo per mancanza di denaro, per mancanza di fiducia, per mancanza di lavoro. La morsa della crisi non è stata dettata solo dal lavoro che è venuto a mancare, dalle aziende che hanno chiuso per crediti (e non per debiti!): essa è dipesa anche da ragioni che, con un termine forse abusato ma comunque funzionale, potremmo definire psicologiche. La sfiducia genera attesa negativa e quindi congela ogni ipotesi di rischio, ogni propensione al domani. Paradossalmente la crisi ha dato uno spazio enorme ai furbetti, ai disonesti che non pagano perché c’è la crisi, che commissionano lavori alle aziende e agli studi e poi non si fanno trovare, ai professionisti dei castelletti bancari e delle carte di credito scoperte…



Oggi invece abbiamo bisogno di rilanciare il mercato interno e questo possiamo ottenerlo solo spostando quote di reddito verso le famiglie, i consumatori, ridando energia e fiducia a chi è da anni preda della paura e dello sconforto legati alla crisi. Un passo necessario, per capirci, è un progetto di legge di iniziativa popolare che sta proponendo la Cisl e che gravita attorno a diversi punti fondamentali destinati proprio a sostenere i redditi dei lavoratori e dei pensionati. Sono una forma e una strada concreta per contribuire al sostegno della domanda aggregata e al rilancio della crescita dell’economia e realizzare quindi una grande operazione redistributiva di ricchezza e di reddito a favore delle aree sociali medio-basse.



Dobbiamo iniziare a correggere la crescita esponenziale delle diseguaglianze che si è realizzata nell’ultimo quarto di secolo. Attraverso il tesoretto bisogna ridurre la pressione fiscale sui contribuenti per estendere l’ambito dei destinatari dell’attuale bonus fiscale di 80 euro, in particolare prevedendone l’erogazione anche ai pensionati, ai lavoratori autonomi e agli “incapienti” (in misura piena se il reddito complessivo non supera i 40.000 euro e in misura ridotta se il reddito complessivo è superiore a 40.000 ma non a 50.000 euro).

Un’altra quota va destinata alla riforma organica del sistema fiscale del Paese basata sulla revisione della fiscalità locale attraverso un blocco dell’aumento delle addizionali regionali e comunali in attesa di un riordino complessivo delle imposte locali. Altrettanto urgente ci pare l’esenzione dell’abitazione principale da ogni forma di imposizione sulla proprietà o sul possesso e l’introduzione di un’imposta ordinaria sulla ricchezza netta mobiliare e immobiliare, con l’esclusione della prima casa e dei titoli di Stato, individuando come riferimento una soglia di esenzione totale che salvaguardi, mediamente, gli imponibili di ciascuna famiglia compresi entro i 500 mila euro, con l’esclusione dei titoli di Stato e del valore dell’abitazione principale.

Altrettanto importante, diciamo anche prioritario rispetto agli altri interventi, è il finanziamento del Nuovo assegno per il nucleo familiare che superi accorpandoli le detrazioni attuali per il coniuge e i figli a carico e l’assegno al nucleo familiare, con un sostegno universale che cresca al crescere dei carichi familiari e che si riduca all’aumentare del reddito e della capacità economica misurata dall’Isee.

Riportiamo quote di reddito al livello delle nostre famiglie, dei nostri pensionati, di quelli che la crisi l’hanno affrontata senza scaricarne i costi sugli altri, che quotidianamente si misurano con il vero mercato. Che per gli italiani è quello rionale e non Wall Street.

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