Un primo maggio non a Roma ma a Pozzallo, le forze sociali quest’anno scelgono il focolaio più drammatico, quello siciliano che convive con l’emergenza umanitaria dei profughi del Medio Oriente. Una festa del lavoro 2015 segnata anche da un mercato del lavoro che presenta significativi segnali di crescita della qualità occupazionale ma non certamente del Pil. Di questo, del significato oggi della festa del lavoro e del Jobs Act in particolare ilsussidiario.net ha parlato con Annamaria Furlan, Segretario Generale della Cisl, che sulla riforma del lavoro è cauta ma positiva, anche se lancia un monito preciso: “Jobs Act porterà stabilità. Ma no al salario minimo”.
Festa del lavoro atipico, tra immigrazione e lavoro. Quali novità e nuove suggestioni operative per il sindacato?
È un primo maggio ancora difficile per tante lavoratrici, lavoratori e famiglie italiane che devono fare i conti con una crisi lunga e dolorosa. Saremo in tante piazze italiane a sollecitare una svolta a livello europeo sia sui temi dello sviluppo e della crescita, sia sull’integrazione e l’accoglienza dei tanti profughi che si avventurano in mare per sfuggire alle guerre, alla violenza e alla fame.
Cosa chiedere all’Europa di fronte a questa grande emergenza umanitaria?
L’Europa deve fare molto di più assumendosi le proprie responsabilità. Non servono le armi o i blocchi navali. Servono gli Stati Uniti d’Europa e una forte coesione politica, arginando gli egoismi nazionali e la demagogia xenofoba di alcuni movimenti anti-europei. Per questo saremo a Pozzallo il primo maggio: per chiedere alle istituzioni e ai Governi di far fronte all’emergenza, dando una speranza a chi sogna un futuro di pace, sviluppo e democrazia.
Come valuta il Jobs Act nei suoi primi decreti attuativi, anche alla luce dei recentissimi dati occupazionali?
Un giudizio completo lo daremo quando ci saranno tutti i decreti attuativi. Sicuramente le nuove convenienze per i rapporti a tempo indeterminato, sia lo sgravio contributivo triennale sia il contratto a tutele crescenti – insieme alle normative di contrasto al falso lavoro autonomo contenute nello schema di decreto sulle tipologie contrattuali in attesa di parere delle Commissioni parlamentari – dovrebbero nei prossimi mesi rafforzare la stabilità dei rapporti. Vi sono al momento alcune evidenze in tal senso, che necessitano, però, di una verifica. È chiaro che tutto questo non basta. Senza un miglioramento del Pil e quindi della crescita complessiva del Paese è difficile immaginare miglioramenti significativi dei livelli occupazionali. Quello che ci aspettiamo da questi primi decreti attuativi del Jobs Act è soprattutto un cambiamento nella composizione della nuova occupazione, a favore di un lavoro con migliore qualità e maggiore stabilità.
Dal 1 maggio parte la Naspi e, ancora una volta, il lavoro autonomo non è considerato. Vista la debolezza strutturale delle Partite Iva a basso reddito, qual è la posizione della Cisl?
Purtroppo ancora non si è riusciti a ottenere una forma di sostegno al reddito in caso di fine commessa per i lavoratori a Partita Iva più deboli. Ce ne sono tantissimi nel nostro Paese, nei settori dei servizi, del commercio, dell’editoria. Va detto che lo schema di decreto relativo alle tipologie contrattuali, tende a eliminare alla radice le false Partite Iva, ma è anche vero che, realisticamente, continueranno a esistere lavoratori a Partita Iva a basso reddito.
Cosa si può fare per questo segmento del mercato che è di fatto da troppo tempo ignorato?
Si potrebbe estendere la nuova Dis-Coll, l’indennità di disoccupazione per i collaboratori, ai lavoratori a Partita Iva con certe caratteristiche, ad esempio quelli iscritti alla Gestione separata Inps, che sono quelli per i quali non è stata prevista una specifica cassa previdenziale, o quelli al di sotto di certi limiti di reddito. Bisogna trovare una soluzione per questi lavoratori. La Cisl chiede da sempre misure di contrasto all’utilizzo del falso lavoro autonomo, tutelando il lavoro autonomo vero e per scelta, con un’attenzione particolare a quello che mostra particolari debolezza strutturali.
Cosa pensa e quali effetti vede nelle nuove modalità di partecipazione ai risultati dell’impresa annunciate da Marchionne?
Abbiamo valutato positivamente la proposta di Marchionne perché rendere partecipi i lavoratori da protagonisti è davvero significativo. È il risultato di nuove relazioni industriali nel Paese che noi crediamo possa diventare un modello per altre aziende italiane. Con il nuovo sistema retributivo, in quattro anni un operaio specializzato guadagnerà fino a 10.700 euro in più. Non è un fatto di poco conto. Ma tutto questo è frutto di una condivisione delle scelte aziendali che la Cisl con la Fim, la nostra categoria dei metalmeccanici, ha cercato di portare avanti in questi anni, assumendosi le proprie responsabilità per salvare l’azienda e rilanciare il marchio Fiat. Se oggi Fca è un gruppo solido, affermato nel mondo, che fa assunzioni nel nostro Paese, lo si deve agli accordi che noi abbiamo sottoscritto insieme ad altri sindacati. Noi abbiamo contribuito a salvare e rilanciare gli stabilimenti Fiat nel nostro Paese. Ecco perché in molti dovrebbero cospargersi il capo di cenere. I fatti ci hanno dato ragione.
In un’ottica di salario minimo, come previsto dal Jobs Act seppur in modo sperimentale, quale ruolo per il sindacato di domani?
Noi rimaniamo contrari a fissare per legge un salario minimo. È una materia che appartiene all’autonomia delle parti sociali. Il meglio del giuslavorismo italiano è sempre venuto dagli accordi tra azienda e sindacato. Quanto al ruolo del sindacato, per fortuna le lavoratrici e i lavoratori continuano ad avere fiducia nell’attività di rappresentanza e tutela svolto dalle confederazioni sindacali. Lo dimostrano anche i dati positivi del tesseramento e i risultati delle rsu dove ogni volta che si vota i nostri delegati ottengono ottimi risultati. È chiaro che il sindacato deve rinnovarsi e intercettare i giovani e i nuovi lavori. Ma le società complesse si governano con il contributo dei corpi intermedi. Il nostro ruolo sarà sempre quello di rivendicare migliori condizioni contrattuali e salariali, pari dignità tra uomo e donna, sicurezza sui posti di lavoro.
Quali previsioni per il lavoro e l’occupazione?
I posti di lavoro si creano con la crescita, diminuendo le tasse per i lavoratori e i pensionati, favorendo gli investimenti con un progetto di sviluppo e di politica industriale. Non ci sono altre scorciatoie. Ecco perché i prossimi 12 mesi, a cavallo tra il 2015 e il 2016, saranno quelli decisivi per determinare l’avvio o meno della ripresa dell’occupazione nel nostro Paese. Dal 2008 a oggi, la crisi ha fatto perdere il lavoro a quasi un milione di persone. Questo è il momento in cui il Governo e le parti sociali devono insieme contribuire con grande responsabilità a creare le condizioni per la crescita del Paese attraverso un patto in cui ciascuno deve fare la sua parte su obiettivi selettivi e condivisi.
Cosa suggerirebbe a Tito Boeri e al Governo in materia di riforma previdenziale?
Bisogna cambiare la riforma Fornero che tanto danno ha prodotto nel mondo del lavoro. Non tutti i mestieri e le professioni sono simili. Le persone vanno lasciate libere di scegliere quando andare in pensione, una volta raggiunti i requisiti minimi in modo da rendere flessibile l’uscita dal lavoro e consentire anche l’ingresso dei giovani. Bisogna poi cambiare anche i parametri di calcolo della pensione se non vogliamo consegnare i giovani a pensioni molto basse. Il sistema previdenziale ha bisogno di equità e di rivedere la riforma con il coinvolgimento dei lavoratori. Cosa che non avvenne purtroppo con la bruttissima legge Fornero.
(Giuseppe Sabella)
In collaborazione con www.think-in.it