Il primo maggio è la festa dei lavoratori. In America, luogo di origine della ricorrenza, oggi non viene assolutamente celebrata. La data è stata invece stabilita per il primo lunedì di settembre: in quel periodo sono numerose le gite, i raduni e le manifestazioni organizzate dalle associazioni e dai cittadini. Ad Istanbul, nonostante il divieto emesso dal governo di tenere manifestazioni nella giornata del 1° Maggio, i cittadini ogni anno si riuniscono sfidando le forze dell’ìordine. Purtroppo non mancano episodi di violenze che sfociano in incidenti seri ed a volte anche in tragedie. Il paradosso della Festa dei Lavoratori è costituito dal fatto che in tutto il mondo le persone che si trovano nella condizione di non avere un lavoro sono oltre 200 milioni. In Germania la “Tag der Arbei” viene celebrata con eventi e manifestazioni alle quali partecipa tutto il popolo compatto. Il problema della disoccupazione in questo paese è sentito con minor rilevanza rispetto all’Italia. In Australia invece la festa del lavoro si celebra in date diverse a seconda degli stati. Un lungo week end di tre giorni accompagna gli eventi e le manifestazioni. C’è anche chi organizza piccoli viaggi e trasferte con gli amici proprio in questi giorni.



Dunque, si chiede don Juliàn Carròn, qual è il significato ultimo del lavoro? Il lavoro è espressione del nostro essere, diceva ancora Giussani: “Questa coscienza dà veramente respiro all’operaio che per otto ore fatica sul banco di lavoro, come all’imprenditore teso a sviluppare la sua azienda. Ma il nostro essere – ciò che la Bibbia chiama “cuore”:coraggio, tenacia, scaltrezza, fatica – è sete di verità e felicità. Non esiste opera, da quella umile della casalinga a quella geniale del progettista, che possa sottrarsi a questo riferimento, alla ricerca di una soddisfazione piena, di un compimento umano: sete di verità, che parte dalla curiosità per addentrarsi nell’enigma misterioso della ricerca; sete di felicità che parte dall’istintività e si dilata a quella concretezza dignitosa che sola salva l’istinto dal corrompersi in falso ed effimero respiro. È questo cuore che mobilita chiunque, qualunque impresa realizzi”. Il desiderio di compimento spinge l’uomo a lavorare, spiega Carròn, ma nessun esito e nessun risultato può riempire il desiderio di pienezza che ha l’uomo dentro di sé. Il lavoro in fondo è come una preghiera. Gesù diceva spesso che il Padre opera sempre, il padre è l’eterno lavoratore e diventando uomo ci mostra come vivere il lavoro. Allora immedesimandoci in Lui possiamo vivere il lavoro come lo vive Lui. Incontrando con Cristo il senso della vita non ci risparmia il lavoro, conclude Carròn, ma ci aiuta a farlo da uomini e non da schiavi: “È Lui che ci svela il senso pieno del lavoro; perciò possiamo incominciare a lavorare in un modo pieno, come espressione del nostro amore a Cristo, perché è questo amore che rende capaci di lavorare con un senso e con un significato adeguato al nostro essere uomini”.



Spiegava don Juliàn Carròn, presidente della Fraternità di Comunione e liberazione in un suo discorso tenuto nel novembre 2010, che il lavoro può essere o una esaltazione o una  condanna. Questo succede, diceva ancora, perché ogni persona vive il lavoro nello stesso modo con cui vive se stesso. “Infatti, se uno si pensa da solo, se uno parte solo da se stesso, tutti avremmo momenti di esaltazione o depressione. Questo mostra il paradosso dell’uomo: la sua grandezza, per cui può aspirare e realizzare delle cose enormi, insieme alla sua piccolezza, che lo rende più consapevole della sua indigenza abissale. L’uomo che si concepisce da solo, autonomo, senza legami, dipende quasi inesorabilmente da questi cicli di esaltazione o depressione, momenti in cui tocca il cielo con le dita e si crede Dio, e momenti in cui scende nell’abisso e si considera un nulla. In quanti avranno fatto questa esperienza in questi giorni di turbolenze finanziarie” dice ancora. Diverso è quanto accade per l’uomo religioso, spiega il sacerdote. Perché il paradosso esaltazione/condanna viene invece vissuto dentro un rapporto che lo sostiene evitando così di credersi Dio oppure di essere un bel niente. L’uomo è collaboratore di Dio nella realizzazione e perfezione della Sua opera: “È questo rapporto che sostiene l’uomo, che lo fa ripartire qualunque sia la circostanza, e questo gli consente di trovare risposta alla domanda: come si può vivere il lavoro da uomo libero, senza essere schiavo delle circostanze? Questo non dipende dal tipo di lavoro che si fa, né dalle sue condizioni, ma dal grado di umanità del soggetto”. Carròn cita poi don Giussani, quando spiegava che quello che uno fa è legato alla coscienza con cui uno fa e questa si chiama libertà: “Se il valore di un’azione sta nelle circostanze dell’azione, allora non c’è più libertà perché noi dipendiamo dal caso. Invece è nella coscienza di quello che si fa [che uno lo vive in modo libero”. In questo modo, spiega Carròn, il lavoro non diventa una condanna.



“Oggi, 1° maggio, è giorno di festa e il mio ringraziamento, insieme all’augurio più caloroso, è rivolto a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori, in ogni parte d’Italia. La festa deve risvegliare speranze e impegni condivisi. Ma, per farlo, deve fondarsi su parole sincere. Solo così contrasteremo la sfiducia”. Con queste parole il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha aperto il suo discorso in occasione della Festa del Lavoro. “Sul lavoro si fonda la nostra Repubblica. Tuttavia, proprio mentre affermiamo questo principio, avvertiamo come una ferita lacerante nel corpo sociale, e nello stesso tessuto democratico, la cifra così alta di nostri concittadini che non trovano occupazione, che sono stati espulsi dal processo produttivo, che lavorano saltuariamente e nella precarietà, non riuscendo a vivere con serenità con i propri familiari”, ha aggiunto il Capo dello Stato, facendo sapere di ricevere tante lettere dai cittadini che confermano “questa drammatica situazione”: “Padri, madri, persino nonni, non chiedono nulla per se stessi. Non lamentano i forti sacrifici a cui si sottopongono per aiutare economicamente figli e nipoti. Chiedono speranza e futuro per i loro ragazzi. E’ un appello, insieme angosciato e dignitoso, che non possiamo lasciare senza risposta”. E ancora: “La nostra Carta fondamentale ci indica un obiettivo, che è anche un obbligo morale e civile: cercare costantemente di costruire le condizioni per allargare le basi del lavoro, fino alla piena occupazione. Due parole, piena occupazione, che sembrano quasi archiviate, tanti sono diventati i disoccupati – più di tre milioni – e tanto drammaticamente sono cresciuti negli anni della crisi, raddoppiando il dato del 2008. Dobbiamo invece tornare a pronunciare insieme quelle parole – “piena occupazione” – che anche il trattato di Lisbona ha riproposto come obiettivo dell’intera Unione europea. Dobbiamo pronunciarle perché siano uno stimolo per tutti noi, per le istituzioni pubbliche, per il governo e il Parlamento, per le diverse parti politiche, per gli imprenditori e i sindacati. Perché il lavoro diventi la prima delle priorità e sia chiara la nostra determinazione: non ci rassegniamo e non ci scoraggiamo”. Poi Mattarella ha concluso: “L’Italia ce la farà, tenendo alti i valori sui quali si fonda la nostra democrazia. L’innovazione è la nostra sfida. Il coraggio dell’impresa e la solidarietà di cui è capace la nostra comunità sono garanzie. Buon Primo maggio a tutti”.

Nella giornata del Primo Maggio viene tradizionalmente celebrata in Italia, e in gran parte dei Paesi del mondo, la Festa del Lavoro. Si tratta di una ricorrenza, oggi ricordata anche da Google con un nuovo logo, nata ufficialmente il 20 luglio del 1989 a Parigi: in quei giorni si teneva in città il congresso della Seconda Internazionale, e in questa sede si maturò l’idea di istituire una giornata in cui tutti i lavoratori del mondo manifestassero per ottenere la giornata lavorativa di otto ore. L’idea di richiedere una giornata lavorativa di otto ore era già nata nel 1866, all’interno della Prima Internazionale che a quell’epoca aveva luogo a Ginevra. Fino a quel momento, i turni di lavoro non avevano alcun limite ed erano massacranti. Ma perché si scelse come data per la grande manifestazione proprio il Primo Maggio? A seguito delle decisioni raggiunte nella Prima Internazionale, in Illinois, nel 1886, si tenne uno sciopero generale di proporzioni colossali. Ad incrociare le braccia furono oltre 400 mila lavoratori in tutti gli Stati Uniti, di cui 80 mila solo a Chicago. Quella protesta iniziò il primo di maggio ed ebbe esiti tragici. Infatti fu dato ordine alla polizia di sparare sulla folla, e ci furono morti e feriti da ambo le parti. Quell’episodio passò alla storia come la rivolta di Haymarket, dal nome del piazzale in cu venivano vendute le macchine agricole, e in cui si erano raccolti i manifestanti. Otto operai vennero condannati a morte e giustiziati, in seguito a quei fatti. Vengono ricordati come i martiri di Haymarket.

Primo maggio, festa del lavoro, e il gigante dell’informatica Google festeggia l’evento con un logo celebrativo. Curiosamente, nell’era della comunicazione digitale e del lavoro digitale, il colosso di Mountain View rappresenta la Festa del Lavoro ancora una volta come icona della working class dei tempi delle fabbriche. Un tributo o una velata critica a una festa per certi versi vintage e forse poco allegra nel tempo della crisi globale, fatto sta comunque che il doodle è dedicato il lavoro manuale: la G è rappresentata da una morsa a vite, le due O O sono sostituite da due guanti da operaio, la seconda G è formata da due nastri adesivi, la L è rimpiazzata da una chiave inglese (mentre nella versione francese del doodle diventa un mazzolino di fiori di mughetto, fiori che si usano regalare appunto in Francia il giorno della festa del lavoro), mentre al posto della E è presente un metro da lavoro per la misurazione delle distanze. Il doodle dedicato alla festa del lavoro è visibile sulla pagina iniziale del motore di ricerca nei principali paesi europei (ad eccezione di Francia e Gran Bretagna), tra cui l’Italia, in Messico, negli Stati Uniti, nei principali paesi dell’America Latina, in alcuni paesi africani e asiatici, tra cui l’India. Google torna a realizzare un logo celebrativo della festa del lavoro a due anni di distanza dall’ultimo (lavoratori stilizzati attorno alle lettere). Nel 2012 Google ha proposto un doodle in cui un operaio stilizzato sollevava la scritta GOOGLE.