Anche alla luce degli effetti socio-economici dell’ultima crisi globale cresce, in tutto il mondo, la preoccupazione per il tema della disuguaglianza. Molte ricerche sottolineano, infatti, come, nel corso degli ultimi tre decenni, la disparità di reddito sia cresciuta, seppur con molte differenze tra caso e caso, in molte economie sviluppate.



La Grande Recessione di questi ultimi anni ha, quindi, intensificato questo crescente interesse per la disuguaglianza, in particolare per una generale percezione che il suo aumento sia una, se non la principale, eredità che questa crisi lascia ai lavoratori del futuro. Si è così sviluppata una sempre più ampia area di ricerca sui salari, e in particolare sulla disuguaglianza di reddito nei paesi europei. In questa direzione si pone anche un recente (pubblicato solo alcuni giorni fa) rapporto di Eurofound, la fondazione che indaga, a livello europeo, sulle condizioni di vita e di lavoro dei cittadini del nostro continente.



Il report ci offre un’interessante panoramica, principalmente in una dimensione comunitaria, sui più recenti sviluppi nella distribuzione dei salari nel nostro continente nel periodo che va dal 2004 al 2011, ma non manca, ovviamente, uno studio delle tendenze e degli sviluppi in atto all’interno dei diversi paesi.

Quest’analisi diventa particolarmente utile se si pensa come, in molti documenti politici dell’Unione, si dia per consolidato, o perlomeno lo si spera, che l’integrazione economica rappresenti uno strumento fondamentale per raggiungere un almeno sufficiente grado di convergenza, sia in termini di reddito che di salari, tra i diversi paesi membri.



In effetti, anche secondo questo recente studio Eurofound, il livello di disuguaglianza salariale in Europa nel suo complesso è inferiore a quello degli Stati Uniti. Un dato che vale anche per la Lettonia, il Portogallo e il Regno Unito, i tre paesi più disuguali dell’Unione, quando i salari siano misurati in termini di potere d’acquisto.

La Grande Recessione ha, tuttavia, cambiato la tendenza. Se si è assistito, infatti, a livelli di disuguaglianza salariale decrescenti nel periodo 2004 e il 2008, dopo tale data si deve registrare un successivo incremento di questi stessi tassi. 

L’aumento della disoccupazione, durante questo periodo, ha avuto, infatti, l’effetto di eliminare qualche diseguaglianza dal mercato del lavoro (anche a causa dell’espulsione dei segmenti occupazionali a più basso salario), ma non sono certamente diminuiti i livelli globali di disuguaglianza.

Con i primi segni di una seppur timida ripresa c’è da sperare che, nel nostro Paese, sia quindi il tempo dei contratti non solo a tutele, ma anche, a “salari crescenti”. Speriamo sia #lavoltabuona.

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