I sindacati si dicono d’accordo, ma i datori di lavoro non ci stanno. L’ex ministro Hamon ha avanzato una proposta che metta sullo stesso piano il cosiddetto burnout, lo stress da lavoro causato da un crollo psico fisico, alle malattie professionali. La sua proposta fa parte di tre emendamenti da lui avanzati al progetto di legge sul dialogo sociale. In sostanza, quando il crollo mentale del lavoratore è causato dalle aziende, sostiene l’ex ministro, è giusto che le aziende paghino il lavoratore. Il problema è che non esiste una definizione medica univoca sul burnout, da alcuni esperti considerato “sfinimento emotivo e psichico, perdita del senso di realizzazione personale e disumanizzazione della relazione lavorativa”. Di fronte a un numero considerato passibile di tale crollo pari a oltre tre milioni di lavoratori francesi, nel 2013 solo a 239 di essi è stato riconosciuto questo status. In Francia tra il 2008 e il 2009 si calcola che 35 dipendenti dell’allora France Telecom oggi Orange si siano uccisi proprio per questo stress da lavoro. Come si sa oggi il mondo del lavoro richiede un impegno fino a poco tempo fa impensabile, ad esempio essere sempre disponibili 24 ore su 24, tenere telefonino ed e-mail sempre accesi per rispondere ad eventuali esigenze lavorative.



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