Il Consiglio dei ministri si è riunito ieri pomeriggio: via libera definitivo ai due decreti legislativi in attuazione del Jobs Act sulle misure per la conciliazione delle esigenze di cura, vita e lavoro e sul Testo organico semplificato delle tipologie contrattuali e revisione della disciplina delle mansioni. Primo via libera, invece, per gli ultimi quattro schemi di decreti legislativi sul riordino degli ammortizzatori sociali, sull’Agenzia per le ispezioni, sulle politiche attive e sul pacchetto di semplificazioni. Non è stato affrontato il tema del salario minimo.
Tra le modifiche previste nel primo caso c’è una stretta sull’uso della cassa integrazione, che tra ordinaria e straordinaria avrà una durata massima di 24 mesi (30 per le imprese edili) in un quinquennio mobile, contro i 48 mesi della condizione attuale. Il tetto sale a 36 mesi, invece, con il ricorso alla solidarietà. Ulteriori sei mesi di straordinaria, e un fondo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, sono previsti nei casi in cui “l’impresa cessi l’attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell’azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale”.
Sarà istituita un’Agenzia unica per le ispezioni “per rendere più razionale la lotta alle illegalità” ha detto il Ministro Poletti. Il nuovo organismo integrerà i servizi ispettivi di ministero del Lavoro, Inps e Inail.
Per quanto riguarda l’Istituzione di un’Agenzia nazionale per l’occupazione, partecipata da Stato, regioni e province autonome, vigilata dal ministero del Lavoro, si prevede anche il coinvolgimento delle parti sociali nella definizione delle linee di indirizzo generali dell’azione della nuova Agenzia, che avrà competenze gestionali in materia di servizi per l’impiego, politiche attive e Aspi.
Sul riordino delle forme contrattuali, è previsto il superamento dei contratti di collaborazione a progetto dal 2016 e dell’associazione in partecipazione. Si punta sul lavoro subordinato, che viene esteso anche alle attuali collaborazioni che però sono “esclusivamente personali”, continuative e che vedono l’organizzazione diretta del tempo e dei luoghi di lavoro. Per i voucher il tetto annuo passa da 5.000 a 7.000 euro. Riguardo alle mansioni, si prevede che, nei casi di ristrutturazione o riorganizzazione l’impresa potrà modificare le mansioni del lavoratore anche sul livello di inquadramento inferiore, senza modificare il trattamento economico, fatta eccezione per quello accessorio.
Come si diceva sopra, è stata rinviata la discussione circa il salario minimo. In quest’ultimo periodo il governo ha incontrato le parti sociali individualmente e in modo unanime queste hanno comprensibilmente espresso la loro contrarietà a una legge che regoli i salari. Anche Confindustria si è dichiarata contraria. Di recente, il Presidente Squinzi ha più volte difeso l’autonomia delle parti, dopo che era parso aprire al legislatore in materia di regolazione della rappresentanza.
Non c’è dubbio che, in Italia, l’autonomia della parti è stata difesa e rispettata – salvo casi eccezionali (si veda ad esempio articolo 8 manovra d’estate 2011). È anche vero che il problema dell’esigibilità dei contratti e della rappresentanza non è un problema risolto, il testo unico del gennaio 2014 è ancora inattuato. Dal governo hanno capito che le parti sul tema stanno lavorando, quindi – in materia di salario minimo – hanno optato per rinviare la questione a quando sarà affrontato il tema della rappresentanza.
La sensazione tuttavia è che sulla rappresentanza il governo sia attendista ma molto deciso: vuole garantire certezza ai contratti e, quindi, a chi investe. Diverso è il discorso sul salario minimo: se fosse la legge a stabilire le retribuzioni, molti lavoratori, ma anche molte aziende, potrebbero non trovare più conveniente aderire alle loro associazioni.
In collaborazione con www.think-in.it