Alla fine qualcosa il prof. Boeri l’ha detta. Si pensava che il 10 giugno fosse il D (declaration) day, ma poi si è scoperto che la proposta articolata e complessiva arriverà alla fine del mese. Tuttavia non si può non considerare che anche il 9 giugno Boeri, con il suo intervento ad ABI HR24, abbia fatto un’apertura importante verso quanto in termini di proposta di riforma è stato avanzato dalle pagine di questo giornale.

Il presidente Inps ha dichiarato, confermando implicitamente il meccanismo descritto nell’articolo apparso il 7 maggio scorso, che non ha nulla in contrario all’applicazione del meccanismo in ambito settoriale e aziendale (d’altra parte, in Abi non poteva non trovare terreno già arato in passato). Tuttavia ritiene distorsiva un’applicazione nazionale per legge. Boeri parla da professore di economia della Bocconi, citando una non proprio entusiastica posizione di altri economisti rispetto alla problematica in corso.

Ecco il centro dei fatti: la problematica! Confesso che se mi ha fatto piacere la parziale apertura e il luogo che ha scelto per farla, mi lascia colpito il modo di rendere problematico o problematicizzato il contesto e il contenuto. Perché complicazioni ulteriori quando già il tema dell’uscita anticipata flessibile dal mondo del lavoro non è una tematica semplice? Ritengo allora utile riprendere i fili che Boeri sembra avere ingarbugliato, dopo aver sbrogliato parte dei contenuti. Da qui l’esigenza di una lettera aperta.

Caro Presidente, caro Professor Boeri,

tempo fa presi l’iniziativa di scriverle sia alla Bocconi, per il tramite della sua assistente, sia presso la Voce.info, sia presso l’Inps che è stato chiamato a presiedere. Desideravo che potesse mettere ai raggi x una proposta di riforma della Legge Fornero elaborata due anni fa e grazie alle competenze dell’Inps riceverne un giudizio. Una cosa simile per i fondi esodo, precorrendo il potenziale guasto che sarebbe accaduto in futuro; usai lo strumento dell’interpello verso il Ministro Sacconi che mi fece rispondere al 50% da una delle due direzioni coinvolte, senza che l’altra potesse produrre la risposta definitiva per la parte più critica, più importante e interessante. Ma tiremm innanz!

A partire dal suo esordio ho registrato che la sua posizione apicale posta a cavallo tra l’area assistenziale e l’area previdenziale l’ha spinta a cimentarsi su un problema già noto da tempo, ma poco trattato dai molti con responsabilità specifiche sia nazionali, che territoriali, settoriali e aziendali. Lungo tempo per accedere alla pensione più rigidità anagraficamente asimmetrica del mercato del lavoro italiano più crisi economica con effetti espulsivi uguale ricerca di soluzioni di sostegno per gli over 45/55 senza lavoro. Soluzione svedese, soluzione danese, rattoppo nordico per quadro disagiato italiano: si può scegliere. 

Comunque grazie per aver alzato il riflettore su questo segmento negletto, anche se la proposta resta un rattoppo e ci vuole coraggio a svilupparne un’altra ben più organica, ben più lineare, ben più comprensiva dei periodi di lavoro e di non lavoro, di espulsione e di reintegro. Mi duole che i miei colleghi economisti non sappiano fare uno sforzo di fantasia e immaginare che ogni segmento anagrafico nel timing di ricerca o di reintegro possa trovare allocazione in un quadro di sistema lavoro come declinazione di sistema paese. Ma andiamo avanti. Più di una volta, in anticipo, mi sono permesso di attirare l’attenzione sulla necessità di non compiere percorsi sbagliati perché non accompagnati da una dovuta ampia e articolata riflessione preliminare.

È il caso dello scambio tra calcolo retributivo e contributivo che lei ama come componente di giustizia e che invero io non trovo nemmeno equo. È vero, lei non ha tutti i torti, e per lo più si tratta di giusti calcoli teorici. Purtroppo c’è solo un macroscopico torto che ha. È quello di addossare sulle spalle di cittadini in pensione o prossimi alla pensione un onere giustizialista senza riflettere che quanto fatto prima di lei (e mi auguro che non voglia passare alle cronache storiche alla pari della Fornero) non era del tutto errato, ma operava su contesti generalmente accettati in cui riflessioni basilari critiche sono venute dai nostri colleghi non prima, ma solo dopo la manifestazione e al consolidamento di trend demografici ed economici.

Quale grazia! È vero che non è di questo nostro mondo predire con esattezza il futuro e per carità nessuno osi pensare che sia una critica alla grandezza di Onorato Castellino, ma sostenere che il retributivo sia discriminante e favorisca poliziotti, carabinieri, militari, ecc., non fa altro che reclamare qui su queste colonne: lei sa cosa vuol dire un lavoro usurante? Lei sa cosa vuol dire mettere a rischio la propria vita per 1500 euro al mese? La vogliamo ricalcolare la pensione alle vedove dei caduti sotto gli anni di piombo sostenendo che in fondo i loro mariti, se vi fossero arrivati, sarebbero stati giudicati dalla nazione dei privilegiati come i sopravvissuti?

Non posso non condividere, e lo scrissi alla stessa Fornero, un’operazione di solidarietà reclamandola prima per calcolarne poi il saldo e procedere con tempistica adeguata verso la riforma vera e propria. Ma passare da questa alla rivisitazione e al ricalcolo significa rinunciare a trovare soluzioni idonee a quello che poi a oggi è solo un Comma A della stessa legge sulle pensioni, sperando che lei non lo voglia trasformare in un Comma 22. Per questo mi meraviglio del suo intervento in Abi. 

Infatti, se lei ha dimostrato una sottostante apertura alla problematica della flessibilità in uscita e quindi della pensione anticipata, non ho capito la traslazione che ha compiuto. Infatti, se è proprio questo è il problema centrale, la flessibilità in uscita, come mai il problema centrale è diventato la staffetta generazionale? Professor Boeri, lei vuole trattare di pensioni in quanto ha competenze previdenziali o di vecchietti e di giovani entrambe senza lavoro preoccupandosi di quanto potrebbe essere un assegno sociale, in quanto ha competenze assistenziali? Eh si, perché o di assegno sociale si tratta, o di forza progettuale e propositiva, nel rispetto delle leggi vigenti (Cassazione ecc. docent) per riaffermare che la vera situazione di dignità è avere il lavoro, non il posto di lavoro, ma il lavoro. In un sistema paese ogni lavoro è degno e dà dignità e inoltre non essendo malevolmente legato al concetto di posto di lavoro, chi ne impedirebbe il cambio, o la trasformazione o l’evoluzione nel corso della vita degli individui? Quindi ben venga la capacità e la possibilità di ricomprendere il lavoro tanto nel quadro degli strumenti e modalità assistenziali, quanto in quello degli strumenti e modalità previdenziali. Ma ben venga altrettanta chiarezza sulle priorità. La flessibilità e quindi l’uscita anticipata ha una valenza autonoma propria per cui la staffetta generazionale è il trade off conseguenziale. Non mi dica prof. Boeri che ha sopravvalutato la valenza politica doppia che ha un Ministro come Poletti che potrebbe essere il suo speculare governativo istituzionale?

È chiaro che i messaggi sono lanciati a seconda della situazione, na è altrettanto chiaro che dalle sue dichiarazioni emerge che lei ha ben valutato i settori e gli ambienti di applicazione della flessibilità per sostenere di non aver nulla in contrario, per ricopririsi subito dopo negando positività a una legge nazionale. Mi dica Presidente, quale legge nazionale si presenta distorsiva se offre una possibilità – il cosiddetto comma A – nel quadro di una legge esistente? Nessuna a mio parere, tranne il caso in cui non si voglia togliere con la destra quello che si è dato con la sinistra. Per cui la legge diventa non per la flessibilità, ma per la staffetta.

Continuo a ritenere che l’Inps sia una forte componente attiva nel migliorare le condizioni di vita degli italiani, pensionati e non. Lei lo ha brillantemente dimostrato spostando, ad esempio, il pagamento delle pensioni al primo del mese, ma non solo: ha auspicato un Istituto in grado di garantire una mission riguardando al suo interno i dati relativi ai contenuti che sono prerogativa del Governo e in primis dei Dicasteri preposti.