Lo schema di decreto legislativo, in attuazione della Legge 183/2014 – avente a oggetto la razionalizzazione e semplificazione di procedure e adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni sul rapporto di lavoro e pari opportunità – approvato l’11 giugno 2015 dal Consiglio dei ministri e ora all’esame delle Commissioni competenti di Camera e Senato, ha suscitato un forte disappunto da parte dei sindacati Cgil, Cisl e Uil in merito alle novità introdotte in materia dei controlli a distanza dei lavoratori.
In particolare, lo schema di decreto legislativo, modificando l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori (L. 300/1970), ormai inadeguato rispetto all’evoluzione tecnologica, introduce l’importante novità per cui l’accordo sindacale o l’autorizzazione ministeriale non sono necessari per l’assegnazione ai lavoratori degli strumenti utilizzati per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze pur se dagli stessi derivi anche la possibilità di un controllo a distanza del lavoratore.
È, invece, consentito l’utilizzo di impianti audiovisivi e altri strumenti da cui possa derivare il controllo a distanza dei lavoratori, ma solo se impiegati per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e del patrimonio aziendale e a condizione che si raggiunga un accordo con le rappresentanze sindacali unitarie o aziendali o in mancanza di autorizzazione amministrativa da parte della Direzione territoriale del lavoro, che non dovrà più dettare prescrizioni per l’adeguamento e le modalità d’uso degli impianti. Per le imprese che hanno unità produttive situate in province differenti oppure in più regioni, viene riconosciuta la possibilità di raggiungere l’accordo con le associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Degna di nota anche la novità che riguarda l’utilizzo dei dati e delle informazioni raccolte tramite gli impianti e gli strumenti di controllo a distanza ritenute utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, ma a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli nel pieno rispetto della normativa sulla privacy.
Tale previsione determinerà delle conseguenze molto rilevanti nell’ambito dei procedimenti disciplinari, poiché renderà possibile utilizzare, in modo legittimo, le informazioni raccolte per fondare un licenziamento o altre sanzione disciplinari di natura conservativa.
Non appare condivisibile l’aspra critica dei sindacati in merito alla revisione dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, in cui si lamenta in particolare, ma senza alcuna valida argomentazione, una deregolamentazione in favore dell’impresa che non tiene conto delle esigenze del lavoratore. La revisione della normativa sui controlli a distanza rappresentata un primo passo per il superamento di una norma risalente a 45 anni fa e ormai desueta, che non tiene conto dell’evoluzione tecnologica e delle esigenze organizzative e produttive dell’impresa.
La possibilità di controllare gli strumenti utilizzati dai lavoratori per rendere la prestazione lavorativa e quelli di registrazione degli accessi e delle presenze non può certamente essere considerata un’indebita ingerenza nella riservatezza del lavoratore. Infatti, non si deve dimenticare che nel nostro ordinamento i diritti del lavoratore sono ampiamente tutelati sotto il profilo della garanzia della propria riservatezza anche considerando l’atteggiamento di protezione per i lavoratori da sempre assunto dal Garante della protezione dei dati personali.
Si auspica che il Governo intervenga in modo sempre più significativo al fine di consentire alle aziende l’adozione di nuovi strumenti tecnologici, ormai necessari per l’ottimizzazione e l’informatizzazione dei cicli di lavoro, per gestire al meglio le opportunità concesse dalla tecnologia per il miglioramento dell’organizzazione e delle performance aziendali.